sabato 23 giugno 2012

Alcune domande alla Vice-Presidente ANVUR

Cara Ribolzi,

ti ringrazio, anche a nome del blog, per la tua lettera di precisazione in risposta al mio recente intervento su ROARS, che riprende e aggiorna un precedente post

Permettimi di fugare immediatamente un fraintendimento, che la tua lettera mi ha fatto capire potrebbe essersi generato in questo profluvio di post e interventi: NON ho mai pensato né scritto - anzi, penso e scrivo da tempo esattamente il contrario - che l'appartenenza ad una componente possa costituire un criterio di rappresentatività e tanto meno un criterio scientifico. Ci mancherebbe altro!!!! Le componenti sono macchine di potere, non gruppi intellettuali o scuole di pensiero. Quindi sono molto contento di leggere che tu la pensi come me sul punto. Ma un conto è dire che le componenti NON dovrebbero contare, un altro è pretendere di essere creduti quando lo si dice come (anche) rappresentanti autorevoli di una componente, che nei normali giochi della vita accademica che conta (quella in cui si decidono le ripartizioni dei posti, delle cariche e dei finanziamenti) hanno agito e agiscono ordinariamente in funzione del bene della propria componente prima che di (e spesso anche contro) quello della disciplina/professione nel suo insieme. Non penso che la "tua" SPe sia in questo giochino delle bandierine e dei segnaposto peggio di altre: è il gioco delle componenti che è un gioco di parti e di interessi frazionali, con tutti gli effetti perversi che questo produce sulla qualità della vita professionale nel suo complesso. Un gioco di parti che tende a diventare un gioco al massacro -- il massacro della sociologia, appunto.

venerdì 22 giugno 2012

Lettera della Vice-Presidente ANVUR, prof. Luisa Ribolzi


Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo.

Caro Santoro e cari colleghi tutti,

approfitto di un momento di relativa tranquillità per alcune precisazioni, senza intervenire nella discussione in atto sul blog Per la sociologia, che mi pare peraltro sobria e meritevole di attenzione: ma all’ANVUR abbiamo deciso di non rispondere personalmente a nessuna contestazione, per civile che sia.


Anzitutto, chiarisco (anche all'amico Colozzi) che il bando per valutatori non è stato emanato dall'ANVUR ma dal CIVR, nell'estate del 2010 se non mi sbaglio, e quindi non solo non abbiamo scelto noi contenuti e modi di diffusione, ma quando siamo entrati in carica, nel maggio del 2011, il bando si era già chiuso da un pezzo. Del resto, sia come "successori" del CIVR sia per correttezza verso i colleghi che si erano candidati, non potevamo prescindere dai nomi presenti nelle liste, che in alcuni settori - quello sociologico fra gli altri - vedevano una presenza poco rappresentativa.

Com'è finita? Su Ais-Met e le candidature


Riceviamo e volentieri pubblichiamo, incoraggiando l'invio di commenti.

Come è noto, la Sezione di Metodologia dell’AIS, in vista del rinnovo delle cariche per il triennio 2012-15, ha voluto percorrere una strada nuova: non seguire più la procedura tradizionale (che vedeva le tre Componenti indicare i membri del consiglio direttivo e le sue cariche interne), ma invitare tutti affinché presentassero liberamente e pubblicamente (sul sito della sezione) la propria candidatura, corredata da un cv e da una breve programma di lavoro.

Purtroppo a pochi giorni dalla votazione del nuovo consiglio direttivo, era pervenuta soltanto una candidatura. Per cui una settimana prima feci un appello individuale (http://www.ais-sociologia.it/forum/un-appello/) che inviai a una mailing list di persone, all’AIS (che pubblicò nel suo sito) e al blog PerlaSociologia. Non so se le Componenti avessero adottato una strategia attendista, e abbiano atteso l’ultimo minuto utile per presentare delle candidature, oppure l’appello ha avuto un qualche seguito, fatto sta che siamo arrivati al convegno di fine mandato con 9 candidature
(vedi http://www.ais-metodologia.it/candidature.htmlsu 7 posti disponibili (decisi per statuto). Per cui qualcosa di diverso, rispetto al passato, è avvenuto. 

lunedì 18 giugno 2012

I sociologi riluttanti: il punto di vista di Chiara Saraceno

Ha ragione Santoro a chiedersi perché mai i sociologi italiani che godono di maggiore prestigio scientifico, e per lo più non fanno parte della “componente” SPe, non abbiano ritenuto opportuno di candidarsi a far parte del GEV14. 

In parte la risposta è fornita da Martinotti. Troppi sociologi italiani, specie della mia generazione (ma siamo ormai quasi tutti in pensione), hanno un atteggiamento tra snobistico e indifferente per le dinamiche e i processi istituzionali. E’ un atteggiamento che ho sempre considerato irresponsabile, verso la disciplina e verso le più giovani generazioni. E’ ben diverso da quello tenuto dai colleghi stranieri cui spesso ci riferiamo quando si discute di definizioni di standard e di creazione di una comunità scientifica. Gli amici e colleghi stranieri che sono responsabili di riviste internazionali mi dicono che riscontrano lo stesso atteggiamento di de-responsabilizzazione, tra i colleghi italiani, quando si tratta di accettare di fare da referee per un articolo. Con il risultato di una doppia penalizzazione per la produzione scientifica nostrana quando vuole stare sul mercato internazionale: non solo si deve scrivere in una lingua non propria, con stili espositivi e argomentativi spesso diversi e con terminologie non sempre del tutto corrispondenti ai fenomeni che si analizzano. Si deve anche stare alle scelte teoriche, metodologiche e di rilevanza tematica definite da altre comunità scientifiche spesso di fatto molto nazionali, anche se l’uso della lingua inglese le rende automaticamente “internazionali”. 

domenica 17 giugno 2012

Sui sociologi riluttanti: le considerazioni di Francesco Ramella


Marco Santoro ha la capacità rara di coglierti mentre hai la “guardia abbassata”. Devi scrivere, sei indietro rispetto alle mille scadenze che hai, ti girano le scatole perché sei a casa a lavorare di domenica mattina…….e arriva un suo stimolo importante, che ti distrae, che ti “interroga”. Che fai, lo affronti? Lo ignori? Forse è meglio togliersi il dente subito e poi tornare a lavorare.

Perché c’è un deficit di partecipazione istituzionale in alcuni settori della sociologia italiana? Parte della risposta è venuta già dalle riflessioni di Marco e da alcune cose che hanno scritto Bagnasco e Martinotti. Aggiungo un paio di considerazioni.

La prima è che esiste un aspetto della nostra cultura accademica che rinforza l’assenza di incentivi specifici alla partecipazione istituzionale. Una sorta di “sindrome del sospetto” nei confronti di chi ricopre cariche istituzionali (le più svariate), che ricorda non poco alcuni tratti del familismo amorale. Questa cultura del sospetto ci induce a pensare che chi assume incarichi nella governance istituzionale (di direzione dei corsi, di coordinamento dei dipartimenti, di rappresentanza associativa ecc.), lo faccia essenzialmente per «massimizzare i vantaggi materiali e immediati» propri e della propria famiglia accademica, supponendo «che tutti gli altri si comportino allo stesso modo». Come sappiamo si tratta di assunzioni non destituite di fondamento, vista la storia passata. Il lato insidioso, però, è che questa cultura (e la sua riproduzione) tende a generare profezie che si autorealizzano e ad innescare circoli viziosi che – al contrario – vanno interrotti.

sabato 16 giugno 2012

Ancora sui sociologi riluttanti: il punto di vista di Guido Martinotti


Intanto io comincerei a fare, non da laudator temporis acti (lungi da me, sinceramente), ma come semplice constatazione fattuale una differenza generazionale (una due generazioni di differenza, vedete voi). La generazione mia e di Bagnasco - dal cui post prende spunto questo mio intervento - ha vissuto la sociologia come una scelta al tempo stesso culturale ed esistenziale. Una scelta di rottura che comportava anche rischi e svantaggi, ma che aveva il vantaggio di essere molto stimolante e quindi da un lato selezionava individui più propensi al rischio e all’impegno della media, e dall’altro imponeva a chi faceva questa scelta la necessità di guadagnarsi la pagnotta invece di trovarla sulla tavola apparecchiata. Può sembrare marginale, ma la scarsa disponibilità di testi, mentre i colleghi di altre materie avevano istituti con biblioteche ben fornite, era un handicap tutt’altro che marginale, soprattutto per chi come me faceva una tesi in sociologia -- materia supercomplementare di supernicchia in una facoltà di Giurisprudenza, fortunatamente insegnata da Renato Treves. 

Sulla riluttanza dei sociologi e i suoi perché: il punto di vista di Arnaldo Bagnasco


La vicenda delle auto-candidature a membro del Gev (vedi lettera di Colozzi a Santoro, in questo blog)  è a suo modo sconcertante. C’è l’occasione di partecipare nel punto più strategico in cui lavorare per la difesa della qualità della sociologia italiana, e la risposta è fiacca, deludente. Sono in pensione da più di tre anni e posso solo, se mai, sentirmi per la mia parte responsabile della passata gestione della professione. Posso però dire qualcosa a proposito del futuro, e di questo passaggio che, lo si voglia o no, lo si approvi o meno nelle sue forme, è probabilmente decisivo per quanto si metterà in moto, con conseguenze di lungo periodo, per il bene e per il male.

Lo sconcerto è dovuto ovviamente alla scarsa partecipazione. Si aggiunge però l’osservazione che questa non si verifica che per due delle tre componenti. Con tale aggiunta lo sconcerto lascia spazio al sospetto. Non è una novità che questa componente sia molto organizzata e forte, e che dunque abbia motivato anche molte domande: questo “spiega” il risultato finale, a parte ogni altra considerazione. Santoro (vedi qui) ci chiede di provare a dire perché chi potrebbe non partecipa. Come al solito non c’è un solo perché, ma il fatto che subito possa scattare un sospetto circa la sovra-rappresentazione di una componente, mostra lo stato di sfiducia che ci trasciniamo dietro da tempo, con molte ragioni del resto e scontato che responsabilità sono anche condivise, sulla perfettibilità della sociologia italiana e della sua organizzazione professionale.

lunedì 11 giugno 2012

L’incredibile odissea di una ricercatrice


In varie occasioni abbiamo segnalato su questo Blog casi di ordinario malgoverno del sistema accademico nazionale. Quello che qui presentiamo riguarda non la Sociologia e nemmeno l'Economia, ma l'Entomologia - disciplina per molti versi diversa dalla nostra ma non così lontana come si potrebbe credere a prima vista. E questo non solo per ragioni intellettuali (dopo tutto, l'Entomologia è una delle matrici disciplinari della Sociobiologia, e quest'ultima è una delle più vivaci zone di confine tra sociologia e scienze naturali), ma a quanto pare anche per alcuni malcostumi accademici che la segnano quanto meno nel nostro paese. La storia che racconta, con dovizia di dettagli e una solida base documentaria, l'amico Fabio Sabatini, che di mestiere fa l'economista ma che da tempo è impegnato anche sul fronte dell'analisi e della critica del sistema accademico italiano dalle pagine del blog di MicroMega (http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it), ci è parsa emblematica di una situazione non solo di malgoverno ma persino di sopruso accademico che tutte le discipline finiscono per condividere per il solo fatto di essere parte dello stesso sistema universitario e soggette alle stesse normative più o meno aggirabili e manipolabili ad uso dei baroni di turno. 

giovedì 7 giugno 2012

Un appello, per uscire dalla tradizione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Premetto che questo è un appello individuale e fa quindi riferimento solo alla mia persona. Per cui non ne sono responsabili gli organi che verranno citati.

Da diverso tempo, da più parti, si è fatta notare la necessità che le Componenti della sociologia italiana facessero “un passo indietro” per liberare nuove energie, esercitare un minor controllo e permettere una maggior partecipazione. Seguendo questa sensibilità, il consiglio direttivo della Sezione di Metodologia dell’AIS (di cui faccio parte) qualche mese fa ha deciso all’unanimità di cambiare modalità per il rinnovo delle 7 cariche del direttivo: quindi non seguire più le procedure tradizionali (che vedevano le tre Componenti indicare sia i membri del consiglio direttivo che le persone nei ruoli di Presidente e Segretario). Per cui in vista del convegno di fine mandato, che si terrà a Napoli il 14 e 15 giugno, è stata inviata per tempo una lettera a tutti i 76 soci della sezione, affinché presentassero liberamente e pubblicamente (sul sito della sezione) la propria candidatura corredata da un cv e da una breve programma di lavoro.