Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di Chiara Saraceno, che ci sembra esprimere al meglio il punto di vista di molti colleghi che hanno davvero a cuore le sorti, la dignità, e il senso della disciplina sociologica in Italia.
Cari colleghi,
la vicenda Orsini, o meglio il modo in cui si è risposto da parte di chi ha maggiori o minori responsibilità istituzionali, è diventata per me l'ultima goccia che mi rende impossibile continuare ad accettare come un onore fare parte dell'AIS come membro, appunto, onorario. Troppe sono le vicende che, ai miei occhi, ne segnalano l'incapacità, o non volontà, di riformarsi in direzione di maggiore, e più universalistico, riconoscimento del merito, di trasparenza, di rottura di meccanismi che premiano l'appartenenza piuttosto che il contributo scientifico.
Al di là del caso Orsini, ci sono molti altri concorsi, alcuni invalidati sulla base di errori formali (gli unici, ahimé, che possono essere fatti valere), la vicenda della graduatoria delle riviste, le modalità di (non) circolazione delle informazioni circa la costituzione dei gruppi di valutazione dell'ANVUR e altro ancora. Tutti fenomeni che testimoniano il radicamento di pratiche clientelari, sprezzo di criteri minimi di oggettività e del rispetto di standard minimi di qualità riconosciuti a livello internazionale.
Al di là del caso Orsini, ci sono molti altri concorsi, alcuni invalidati sulla base di errori formali (gli unici, ahimé, che possono essere fatti valere), la vicenda della graduatoria delle riviste, le modalità di (non) circolazione delle informazioni circa la costituzione dei gruppi di valutazione dell'ANVUR e altro ancora. Tutti fenomeni che testimoniano il radicamento di pratiche clientelari, sprezzo di criteri minimi di oggettività e del rispetto di standard minimi di qualità riconosciuti a livello internazionale.