domenica 27 maggio 2012

La parola del Presidente del GEV14

Caro Prof. Santoro,

ti rispondo per lettera innanzitutto perchè non mi rassegno al tuo rifiuto e voglio almeno cercare di fornirti ragioni serie per un ripensamento, in secondo luogo perchè molti dei temi che affronti mi permettono di chiarire alcune questioni che ritengo importanti e su cui avevo già pensato di intervenire dopo aver letto il tuo intervento sul blog Per la sociologia (quindi ti autorizzo a pubblicare questa lettera, se credi).

Partiamo dalla composizione del GEV. Il punto di partenza, che nessuno ricorda (nemmeno tu) è che l' ANVUR ha fatto un bando per la VQR con la richiesta di candidarsi a far parte dei GEV. 



Questa richiesta è arrivata sicuramente a tutti gli Ordinari e agli Associati italiani e almeno ai colleghi stranieri presenti nelle liste Cineca. Non è colpa mia nè dell' Anvur se i colleghi più titolati e ad H index più alto non hanno fatto domanda. Purtroppo sul sito ANVUR non è pubblicato l'elenco di chi ha chiesto di partecipare, ma solo di chi è stato scelto. Forse lo stile dell'Accademia non permetteva una scelta diversa, ma da ciò consegue che non posso darti prove concrete di quanto ho appena affermato. Ciononostante è vero. Io ho visto le carte, e posso assicurarti che l'Anvur ha fatto calcolare l' indice H di tutti quelli che hanno fatto domanda e ha scelto tenendo conto, oltre che di quel parametro, di altri criteri come: i SSD, le aree territoriali, il genere, sotto il vincolo del numero complessivo fissato per ciascun GEV dal Bando (E' in base a questo vincolo che alcuni SSD non hanno potuto essere rappresentati).

Se l'uso di questi criteri nel caso della Sociologia e solo di essa ha prodotto una sovra rappresentazione di una delle "famigerate" tre componenti, ciò dipende solo ed esclusivamente dalle domande che, nel caso dei colleghi riferibili alla componente Spe, erano molto più numerose. Per quanto riguarda la mia nomina a Presidente, poi, è evidente che non è stato decisivo il mio indice H (pensa non tanto a Reyneri o a Cipriani, ma a Pasquino o a Cotta, che hanno indici ancora più alti) nè, tanto meno, il fatto che io mi riconosca in un'esperienza associativa cattolica (in cui, te lo garantisco, Luisa Ribolzi non si riconosce), ma l' idea, che forse si rivelerà sbagliata (ma mi piacerebbe che la valutazione si facesse alla fine e non itinere), che essendo l'unico tra quelli che avevano fatto domanda per l' area 14 ad avere vissuto dall'interno l'unica esperienza precedente di valutazione della ricerca (come tu ricordi, sono stato uno dei 5 componenti del Panel 14 nella Valutazione CIVR), ciò potesse servire a svolgere meglio un compito che ha un carattere prevalentemente organizzativo e di coordinamento per il quale l'esperienza conta.

Quanto agli stranieri, poi, visto che le domande erano poche e che i pochi sociologi stranieri che avevano fatto domanda non hanno risposto all' invito informale a far parte del GEV, abbiamo dovuto costruire una lista ad hoc (se vuoi ti posso anche spiegare in dettaglio il modo in cui è stata fatta questa operazione) e dopo molti rifiuti e alcune adesioni non confermate, siamo arrivati a selezionare l'unico straniero che si è dichiarato disponibile (tra quelli contattati). 

Che la scelta del GEV sia largamente indipendente dalle componenti, è stato confermato proprio dalla prima operazione delicata che ci è stata richiesta: il rating delle riviste. Se avesse funzionato la logica delle componenti, visto che, come tu dici, la lista dell' AIS non poteva non rispecchiare l'accordo tra le stesse, a noi sarebbe bastato ratificare quella lista. Non lo abbiamo fatto, assumendoci delle responsabilità e dei rischi (non sto a dire delle critiche) che discendono dal desiderio di fare seriamente e con onestà il lavoro che ci è stato chiesto: valutare la qualità della ricerca nella nostra area al fine di avviare un processo di miglioramento della stessa.

Ecco perchè ti chiedo di ripensare al tuo no all' invito a svolgere la funzione (forse se fossi un componente ortodosso di Spe avrei dovuto dire servizio) di referee. Noi stiamo veramente cercando i migliori, indipendentemente dalle loro "afferenze" o "appartenenze", come credo potrà dimostrare la lista, quando sarà pubblicata, che già oggi, a lavori non completati, è per circa la metà composta di colleghi stranieri che hanno accettato di dedicare un po' del loro tempo e della loro competenza all' obiettivo del miglioramento della qualità della nostra ricerca. Di fronte a questa "generosità", dispiace constatare tra alcuni (pochi) colleghi italiani il prevalere di un atteggiamento o "snobistico" (chi non si degna nemmeno di rispondere) o di sfiducia preventiva. 

Concludo con una nota sui compensi "favolosi" che toccano a noi come membri del Gev e che toccherebbero a te se accettassi di fare il referee. Credo di poter svelare sia gli uni che gli altri perchè su sollecitazione della maggioranza dei membri GEV ho chiesto al Presidente dell' Anvur di pubblicarli e perchè sta arrivando a tutti quelli che hanno già accettato di fare il referee l'invito ufficiale del Coordinatore della VQR con l'indicazione del compenso. Le cifre sono le seguenti: per il presidente GEV euro 6000; per i componenti GEV euro 5000; per i referees euro 30 a prodotto. Lascio a te valutare qual'è il motivo che ci spinge a "starci".

Cordiali saluti, 

Ivo Colozzi


2 commenti:

  1. Caro prof. Colozzi,

    ti ringrazio per la tempestiva lettera di risposta, che abbiamo prontamente provveduto a pubblicare sul blog.

    Mi riservo di reagire alla tua richiesta di ripensamento nei prossimi giorni, anche in funzione di ciò che si saprà rispetto alla questione della pubblicazione dei nomi dei revisori.

    Ci tengo però a dirti sin da ora che le ragioni che offri per un ripensamento sono effettivamente serie, che i problemi che poni - in particolare la scarsa disponibilità mostrata dalla gran parte dei membri della disciplina, e aggiungerei la mancata sensibilizzazione da parte dell'associazione di categoria - sono molto importanti, e che farò tutto ciò che la mia coscienza mi consentirà per ...provare a "starci".

    Credo che la questione della trasparenza dei nomi dei revisori vada comunque pubblicamente affrontata, essendo condivisa anche da altri colleghi (vedi il post di Ramella). Mi sembra che anche tu la pensi così, e questo è molto positivo.

    Grazie per ora, e a presto

    cordialmente

    marco santoro

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  2. Conosco Colozzi e Santoro da molti anni, e di entrambi apprezzo l'onestà intellettuale e la capacità di assumersi apertamente le responsabilità delle proprie azioni. Condivido la risposta di Santoro e i suoi dubbi, ma mi permetto di aggiungere un particolare: il costante (e inesorabile, a quanto pare) accentrarsi delle funzioni direttive, tra cui quelle di valutazione, nelle mani di ordinari e associati. Nel nostro sistema formalistico, e dopo la Gelmini, le cariche sono riservate a PA (poche) e PO (molte), senza riguardo per l'effettivo standing scientifico dei singoli. Mentre ad Harvard e in altre istituzioni d'eccellenza in giro per il mondo, gli assistant professor fuori dalla tenure track possono essere head of graduate studies, in Italia i ricercatori verrano probabilmente espulsi dai collegi di dottorato.
    Come ricercatore ormai "anziano" (entrato in servizio nel 2002) mi sento di dire che utilizzare il grado accademico come un proxy del merito individuale è, dato il nostro sistema, una grossolana semplificazione, non solo per le ragioni di cui abbiamo più volte discusso su questo blog (componenti, concorsi, struttura delle carriere, etc etc), ma anche in via di principio. Stante la struttura "a tre" delle carriere accademiche fino all'approvazione della legge Gelmini, si dava la possibilità ad alcune persone di mantenere il ruolo di ricercatore "a vita", in quanto, diversamente da altri sistemi, esso era un vero e proprio ruolo a tempo indeterminato. Le ragioni per cui un individuo poteva decidere di permanere in quella posizione, senza tentare la "scalata al cielo", potevano essere molteplici: individualismo e "cattivo carattere", indisponibilità verso le sempre più numerose incombenze burocratiche che assillano PA e PO, insofferenza verso le pratiche baronali, o più semplicemente un equo scambio salario/libertà. Oltre, ovviamente, alla scelta di privilegiare gruppi di riferimento esterni all'accademia (politici, sindacali, di società civile) e, qualche volta, semplice voglia di far niente. Quello che voglio dire è che la struttura della piramide gerarchica dell'università italiana, almeno per quanto riguarda la sociologia, non rispecchia fedelmente né il merito né l'impegno dei singoli, come le valutazioni degli studenti e lo standing internazionale di alcuni di noi troppo chiaramente testimoniano. In una valutazione della qualità della ricerca, in particolare, la decisione di riservare a PA e PO i posti chiave appare particolarmente odiosa.
    Di ciò, ovviamente, non sono responsabili né Colozzi né tantomeno Santoro, ma volevo sottolineare un punto che troppo spesso viene dato per scontato (e quindi, come insegnano i nostri vari numi tutelari, "naturalizzato"). Buona valutazione.

    Matteo Bortolini
    Dipartimento FISPPA, UniPD

    RispondiElimina

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