Dove
pubblicano i sociologi italiani? Quanto pubblicano? E, soprattutto, come pubblicano? A queste tre domande è
possibile fornire qualche utile e plausibile risposta esaminando il database
CINECA che raccoglie le schede individuali inserite dai sociologi accademici
italiani, di I e II fascia, circa le loro pubblicazioni nel periodo 2002-2012. Oltre
ottomila di queste schede si riferiscono a pubblicazioni in rivista – non solo
articoli, ma anche note critiche e recensioni. E’ su questo sottoinsieme di
pubblicazioni, variamente distribuite nei diversi SSD in cui si articola la
disciplina, che concentriamo l’attenzione in questo post (cfr. Tab. 1). Il database
che utilizziamo (aggiornato a fine giugno, e questo spiega la leggera discrepanza dei numeri rispetto ai dati presentati da Luisa Ribolzi nel suo post) è volutamente non pulito:
esso riproduce il modo in cui i sociologi italiani presentano se stessi e il
loro lavoro nel momento in cui compilano e caricano schede sui loro prodotti in
vista della loro successiva valutazione (sinora principalmente per la
distribuzione di risorse per la ricerca a livello di ateneo, d’ora in poi anche
per la selezione dei membri delle commissioni di valutazione per l’abilitazione
nazionale, e ovviamente per l’abilitazione nazionale). Si tratta cioè di dati
che fanno riferimento a pratiche e percezioni della professione sociologica, e
più precisamente dei suoi membri, catturate in un momento particolare – ma
anche particolarmente delicato e rivelatore – del lavoro professionale: il
momento cioè della scelta dei prodotti del lavoro di studio e ricerca da
inserire nel proprio profilo di ricercatore e studioso, così come questo è
definito e operativizzato dalle Anagrafi della ricerca dei singoli atenei e dal
CINECA (che ne è spesso il collettore).
Tab.
1. Distribuzione delle pubblicazioni in riviste dei sociologi di I e II fascia,
secondo il SSD
-------------------------------------------------------------------------
SPS/07
Sociologia Generale
3.200
SPS/08 Sociologia
dei Processi Culturali
2.301
SPS/09 Sociologia
dei Processi Economici 1.442
SPS/10
Sociologia dell'Ambiente e del Territorio 477
SPS/11 Sociologia
dei Fenomeni Politici
306
SPS/12
Sociologia Giuridica, della Devianza ecc. 508
Totale
8.234
--------------------------------------------------------------------------
La
nostra scelta di analizzare le pubblicazioni in rivista è motivata da un
duplice ordine di fattori. Il primo è che si tratta del segmento che, almeno in
linea di principio, dovrebbe coprire la maggior parte dei prodotti del lavoro
professionale del sociologo. La seconda è che sulle riviste – molto più che
sulle case editrici – disponiamo di un sostanzioso corpus di indicatori che
consentono di leggere questi dati sul lavoro sociologico in modo
sociologicamente proficuo. Facendo tesoro di queste informazioni, e variamente
combinandole con altre disponibili sul campo delle riviste scientifiche, nelle
pagine che seguono affronteremo dunque tre questioni: la qualità delle riviste
su cui pubblicano i sociologi italiani; la loro quantità e soprattutto
dispersione; infine, come si colloca e qualifica la sociologia italiana
rispetto alle altre scienze politico-sociali (area 14).
1. Sociologi e qualità
delle riviste
Come
tutti sappiamo, le pubblicazioni su rivista sono molto differenziate quanto a
dimensioni e valore. Alcune sono esito di lunghi e laboriosi studi e ricerche,
altri sono scritti più o meno estemporanei su temi più o meno rilevanti nel
dibattito in corso, altri ancora sono brevi testi di commento più o meno
critico a testi altrui (libri o anche articoli). Non siamo in grado, a partire
dai dati disponibili, di distinguere tra articoli veri e propri e testi più
brevi – note critiche, commenti, recensioni – né tra studi impegnativi e
scritti d’occasione. Di certo, una buona parte di queste ottomila pubblicazioni
sono riconducibili al genere della recensione e più in generale dello scritto
breve (nota, commento ecc.). Ma i dati non consentono una quantificazione di
queste categorie, e neppure una stima.
Siamo
però in grado di procedere a un’analisi dei “prodotti” per classe, o fascia, di
rivista – nell’assunto che la qualità delle pubblicazioni rifletta almeno in
parte la qualità delle riviste, e che questa qualità non sia uniformemente
distribuita. Sappiamo bene che si tratta di un assunto non pacifico, e anzi
controverso, in Italia come altrove, ma in Italia in modo particolare. La
strutturazione del campo disciplinare della sociologia italiana in “componenti”
ha reso da tempo improba qualunque forma di valutazione – e, quindi, di classificazione
di qualità – che non tenga conto della divisione dei sociologi in gruppi
politico-accademici mutualmente esclusivi, di cui le riviste sono parte
integrante. Riteniamo, tuttavia, plausibile sostenere che un autore ragionevole
(non pretendiamo razionale) scelga il luogo di pubblicazione dei suoi articoli
(o note, o recensioni) anche in
funzione della qualità percepita sia di questi ultimi sia delle riviste, quanto
meno nella sua cerchia di riferimento – o, meglio, riconoscimento. Nel caso poi
di riviste peer-reviewed, è la stessa rivista a selezionare, sulla base della
propria posizione nel campo intellettuale-accademico, i testi che ritiene più adeguati
al proprio status e alla sua conservazione o miglioramento.
L’assunto
da cui muoviamo è dunque, molto semplicemente, che i sociologi italiani siano
sufficientemente consapevoli della qualità dei loro testi – e, insieme, della
qualità delle riviste su cui potenzialmente possono pubblicarli – da fargli
preferire riviste di qualità nel caso di testi (che percepiscono come) di
qualità. Il fatto che dentro ogni componente possa essersi sviluppata una
specifica gerarchia di qualità è un problema, che riteniamo possa però essere
tenuto sotto controllo se lo si considera per quello che è: e cioè un problema
endogeno al campo stesso che produce poi le valutazioni (anche sotto forma di
rating e ranking di riviste). In altre parole, ipotizziamo una qualche forma di
omologia tra quello che possiamo chiamare il campo dei testi sociologi e il
campo delle riviste sociologiche, tale per cui a una certa posizione del testo
nella gerarchia di qualità dei testi così come percepita dal singolo (in
dialogo con la sua cerchia di riconoscimento) corrisponda una certa posizione
nella gerarchia di qualità delle riviste. Per fare un esempio: se un sociologo
diciamo di area SPe pensa di avere tra le mani un buon articolo, cercherà di
pubblicarlo in una buona rivista così come questa bontà viene percepita e
valutata entro la sua componente (tenterà quindi di pubblicarlo prima su riviste
di riconosciuto valore e visibilità entro SPe, come Sociologia e politiche
sociali o Studi di Sociologia, che su riviste secondarie o di esclusivo valore
locale). Benché ragionevole, questo assunto non è necessariamente vero: nel
senso che è sociologicamente possibile che un sociologo “svenda” un suo testo a
una rivista di qualità inferiore a quella che avrebbe potuto conseguire, per
ragioni estrinseche rispetto alla qualità come tempi di pubblicazione, amicizia
nei confronti dell’editor della rivista, senso di appartenenza collettiva a una
cerchia intellettuale (o più spesso politico-intellettuale), e così via. E’
altresì possibile che la conoscenza che il sociologo in questione ha del campo
delle riviste sociologiche – nazionale e internazionale – non sia tale da
consentirgli una scelta adeguata della sede di pubblicazione: in altre parole, se avesse saputo che la rivista X valeva
più della rivista Y, avrebbe agito in modo da pubblicare su X invece che su Y.
Non sapendolo, ha agito secondo altri parametri di scelta.
In
tutti questi casi, comunque, ci troviamo di fronte a violazioni più o meno
patenti di quello che possiamo considerare l’ethos del ricercatore scientifico
e, ancor prima, l’identità del ricercatore scientifico. Come vedremo, i dati
sembrano suggerire che questa identità e il relativo ethos sono non solo poco
diffusi tra i sociologi italiani, ma anche molto diversamente distribuiti tra i
diversi settori scientifico-disciplinari in cui la sociologia si articola.
(Un’interpretazione alternativa degli stessi dati è che non quella identità è
poco diffusa, ma che – anche se diffusa – essa si coniughi con oggettivi limiti
cognitivi dei sociologi italiani, che rendono alquanto difficile per essi
pubblicare i loro scritti in riviste di qualità. La tentazione di sposare
questa interpretazione è forte, ma per amor di disciplina la scartiamo in
partenza).
Utilizzando
il rating delle riviste italiane di sociologia stabilito dal GEV14, e
integrandolo con la lista delle riviste indicizzate in ISI (2010) e/o Scopus
(2011), si giunge a una classificazione delle riviste su cui hanno pubblicato (articoli,
commenti, recensioni ecc.) i sociologi italiani articolata in cinque classi: a) classi A, B, C (riviste italiane secondo
rating GEV); b) classe delle riviste
indicizzate ISI/Scopus (tutte straniere: abbiamo escluso da questa classe le
uniche due italiane presente in questi repertori internazionali: “Sociologia” e
“Stato e Mercato”); e c) classe X delle
riviste residue, che include sia riviste italiane non incluse nel rating GEV (e
quindi < C) sia riviste straniere non indicizzate in ISI/Scopus. La classe
X, dunque, è una classe piuttosto eterogenea, in cui riviste obiettivamente di
ridotta qualità intellettuale, se non irrilevanti per la disciplina, si
affiancano a riviste (straniere) di qualità variabile che non hanno – o non
hanno ancora – ottenuto l’accesso alle due principali banche dati in uso nelle
scienze contemporanee. Come vedremo, non
tutte le riviste che sono incluse in questa classe X sono scientificamente
irrilevanti – diverse sono le riviste pubblicate in lingue, come lo spagnolo,
penalizzate dalle banche dati, che pure presentano motivi di interesse
scientifico.
Il quadro
che emerge dall’analisi tende a confermare la diagnosi di crisi della
disciplina che questo blog ha spesso avanzato – diagnosi, anzi, da cui questo
blog “Per la sociologia” ha preso le mosse. Come mostra la tabella 2, più
della metà dei contributi dei sociologi in rivista sono stati pubblicati su
riviste estranee sia alla classificazione Anvur, sia alla indicizzazione ISI/Scopus:
un dato per molti aspetti impressionante e meritevole di approfondimento, su
cui ci soffermeremo nel prossimo paragrafo.
Le riviste di fascia A, nel complesso,
risultano ben poco praticate dai sociologi ordinari e associati italiani: esse
coprono un misero 16,8% delle pubblicazioni
considerate, e questo nonostante la relativa ampiezza della classe (sono ben 13
le riviste di area sociologica “promosse” in questa classe dal GEV14, contro,
per esempio, le 4 del settore politologico). Il SSD che meno frequenta quella che potremmo chiamare (con qualche
precauzione) l’élite delle riviste è SPS/12 (Sociologia del diritto), seguito
da SPS/11 (Sociologia dei fenomeni politici). Sociologi economici e sociologi
dell’ambiente sono i maggiori utilizzatori di riviste in fascia A (si intende,
utilizzatori in quanto autori). La distanza tra SSD è significativa: la
percentuale di pubblicazioni di sociologi economici in fascia A (area
sociologica) è più di tre volte la percentuale analoga dei sociologi del
diritto e della devianza, e il doppio di quella dei sociologi politici. Questo
dato va però letto sullo sfondo delle scelte compiute dal GEV14 rispetto a chi
includere nella fascia A, che hanno premiato alcune riviste e penalizzato
altre, non sempre sulla base di criteri di merito perfettamente trasparenti e
condivisibili (per esempio, la scelta di includere in A Sociologia urbana e
rurale ma non Sociologia del diritto, scelta non auto-evidente, ha come
conseguenza la distribuzione di cui alla tabella 2, in cui il SSD della
sociologia dell’ambiente si presenta “meglio” del SSD della sociologia
giuridica). Inoltre, e questo vale soprattutto per sociologia giuridica, è
plausibile pensare che una buona parte delle pubblicazioni di taglio più
specialistico di questi settori, che una volta si sarebbero detti di
“sociologia applicata”, finisca in riviste non sociologiche (quindi
classificate nella nostra analisi come residuali).
Tab. 2. Distribuzione della fascia delle
riviste, secondo il SSD (valori percentuali)
-------------------------------------------------------------------------------
Settore
scientifico-disciplinare | n A B C I+S X
-------------------------------------------------------------------------------
SPS/07
Sociologia Generale | 3.200 17,5
17,8 8,0 9,7 47,1
SPS/08
Sociologia dei Proc Cult
| 2.301 12,1
16,6 7,3 8,1 55,8
SPS/09 Sociologia
dei Processi Econ |
1.442 24,3 15,7 2,7 14,6 42,8
SPS/10
Sociologia dell'Ambiente | 477 24,7
5,0 5,2 10,7 54,3
SPS/11
Sociologia dei Fenomeni Pol |
306 12,4 17,6 8,5
4,6 56,9
SPS/12
Sociologia Giuridica, ecc. | 508 7,3 10,6 14,2
5,1 62,8
|
Totale Sociologia | 8.234 16,8 15,9 7,1 9,7 50,5
!
(n) | 1.381 1.309
587 797 4.160
-------------------------------------------------------------------------------
Per
ridurre il bias derivante dall’utilizzo di indicatori che non sono indipendenti
dalla strutturazione del campo disciplinare in segmenti non solo mutuamente
esclusivi ma anche in competizione se non conflitto tra loro (le “famigerate
componenti”), abbiamo quindi rianalizzato i dati adottando un criterio
restrittivo che fa riferimento alla sola dimensione internazionale della
disciplina. Abbiamo perciò considerato come proxy di qualità unicamente le
indicizzazioni ISI e Scopus (inclusive delle due uniche riviste
italiane presenti in questi repertori), usando come indicatore la percentuale
di pubblicazioni su riviste indicizzate ISI e/o Scopus (Tab. 3). Secondo questo
indicatore, il settore d’eccellenza è SPS/09 (probabilmente anche grazie al
fatto che Stato e Mercato è indicizzata in Scopus), seguito a distanza da SPS/07.
In terza posizione Sociologia dell’ambiente, che precede di poco Sociologia dei
processi culturali. Buone ultime, ancora una volta, Sociologia giuridica e Sociologia
dei fenomeni politici. Distinguendo tra ISI e Scopus (ISI è più restrittiva e
rinomata della più recente Scopus), si ottiene qualche elemento di valutazione
ulteriore. Mentre si conferma il primato di Sociologia economica, e si
ripropone a grandi linee la graduatoria già vista, emerge anche una qualche
distinzione nei segmenti bassi della disciplina, con SPS/11 che ha una minore
presenza in Scopus rispetto a SPS/12, ma una maggiore presenza in ISI.
Tab. 3. Riviste indicizzate ISI/Scopus, secondo
il SSD (valori percentuali)
------------------------------------------------------------------------------
Settore
scientifico-disciplinare | ISI SCOPUS ISI e/o SCO
-----------------------------------------+------------------------------------
SPS/07
Sociologia Generale | 6,3 11,2 14,2
SPS/08
Sociologia dei Processi Culturali | 4,0 8,0 9,9
SPS/09
Sociologia dei Processi Economici | 10,4 12,2 18,0
SPS/10
Sociologia dell'Ambiente e del Te | 6,3 8,4 11,3
SPS/11
Sociologia dei Fenomeni Politici |
3,3 6,2 8,2
SPS/12
Sociologia Giuridica, della Devia | 1,0 8,9 9,1
|
Totale Sociologia
| 5,9 10,0
13,0
------------------------------------------------------------------------------
In conclusione, la sociologia economica si
conferma il SSD dell’area sociologica a maggiore internazionalizzazione con
buona presenza in riviste di qualità (o comunque riviste che hanno ottenuto
sufficiente credito a livello internazionale da essere incluse nei due
repertori citati). Una relativamente buona presenza internazionale registra la
Sociologia generale – specie se si usa come proxy Scopus. Una più limitata
presenza in riviste di riconosciuta qualità internazionale è invece ciò che caratterizza
i settori SPS/11, SPS/12 e, seppure in misura minore, SPS/08. Si tratta di
risultati ampiamente prevedibili, dobbiamo ammettere, sulla base di altri
indicatori – incluse recenti polemiche che hanno interessato in particolare
proprio il settore della Sociologia dei fenomeni politici, mostrandone le tante
criticità interne e la forte autoreferenzialità. Resta comunque il dato complessivo
di una ancora molto ridotta
internazionalizzazione della disciplina in tutti i suoi SSD: l’assenza di
riviste italiane nei repertori internazionali più selettivi, insomma, trova
riscontro nella limitata propensione dei sociologi italiani (in particolare, di
I e II fascia) a cercare sbocchi internazionali per le loro pubblicazioni.
Se pubblicano poco su riviste
internazionali, tuttavia, lo stesso non può dirsi per le riviste nazionali e
persino subnazionali. Come vedremo, è a queste sedi che i sociologi italiani
fanno riferimento, se non proprio affidamento, nella loro ricerca di uno sbocco
editoriale: una scelta insieme comoda e piuttosto miope.
2. Quante riviste! Quando
il pluralismo è sintomo (e causa) di fragilità, e la demarcazione tra scienza e
non-scienza è debole
Come
riportato nella tabella 2, circa il 90% delle pubblicazioni dei sociologi italiani
sono su riviste nazionali. Solo il 40% è su riviste accreditate dall’Anvur
(nelle sue tre classi A, B, C). Oltre il 50% delle pubblicazioni su rivista dei
sociologi italiani di I e II fascia, dunque, riguarda riviste non riconosciute dall’Anvur,
né tantomeno da ISI/Scopus.
Tab.
4. Top Ten: Discipline sociologiche
----------------------------------------------------
Titolo Cat n %cum
----------------------------------------------------
SOCIOLOGIA
DEL LAVORO
A 274 3,3
SALUTE E SOCIETA' B 265
6,5
RASSEGNA ITALIANA DI
SOCIOLOGIA
A 171 8,6
SOCIOLOGIA B 163 10,6
QUADERNI DI
SOCIOLOGIA
A 148 12,4
SOCIOLOGIA URBANA E RURALE A 138 14,1
STUDI DI SOCIOLOGIA A 128
15,6
IL MULINO
X 110 17,0
SOCIOLOGIA E RICERCA SOCIALE A 102
18,2
SOCIOLOGICA A 90
19,3
Totale prime 10
19,3
----------------------------------------------------
Ma
che riviste dunque sono quelle in cui pubblicano i sociologi? Vale la pena
guardare più da vicino i nostri dati, perché solo così si può toccare con mano
da un lato la grande dispersione delle occasioni di pubblicazione, dall’altro
la fragilità della disciplina. Qualche utile informazione la troviamo, per
cominciare, nella tabella 4, che riporta la Top Ten delle riviste entro tutti i
SSD sociologici: in breve, si tratta delle prime dieci riviste per numero di
“prodotti” inseriti al CINECA (grosso modo, nel periodo 2002-2012, come detto).
Curiosamente, le prime due riviste sono non generaliste, ma specializzate
rispettivamente su problemi del lavoro e su salute e sanità. Al terzo posto troviamo
la prima rivista generalista e di fascia A. Nel complesso, troviamo in questa Top
Ten buona parte delle principali riviste di area sociologica esistenti in
Italia – dalle più antiche (Quaderni di sociologia, Sociologia, RIS) alle più
recenti (Sociologica, nata nel 2007). Tutte le “componenti” sono rappresentate,
con una prevalenza di riviste di area cattolica (SRS e QS per Ais3; StS, SaS, S
e SUR, per SPe; RIS per MiTo; due riviste meno identificabili “per componente”
come SL e Sociologica). Troviamo però anche una rivista che, seppure
storicamente importante per lo sviluppo e l’istituzionalizzazione della
sociologia in Italia, non è da tempo annoverabile tra le riviste scientifiche e,
infatti, non è stata inclusa nel rating Anvur: Il Mulino. Ma il dato più
impressionante è il seguente: le prime dieci riviste per numero di
pubblicazioni coprono meno del 20% delle pubblicazioni in esame. In altri
termini, oltre l’80% delle pubblicazioni in rivista dei sociologi di I e II
fascia è reperibile su riviste che non
sono le maggiori o le più centrali.
Tab.
5. Top Ten: SPS/07
----------------------------------------------------
Titolo Cat n %cum
----------------------------------------------------
SALUTE E SOCIETA' B 196
6,1
SOCIOLOGIA
B 109 9,5
SOCIOLOGIA E RICERCA SOCIALE A 94
12,5
QUADERNI DI
SOCIOLOGIA
A 80 15,0
STUDI DI SOCIOLOGIA A 78
17,4
RASSEGNA ITALIANA DI
SOCIOLOGIA
A 62 19,3
SOCIOLOGICA A 56
21,1
IL MULINO
X 49 22,6
QUADERNI DI TEORIA SOCIALE C 37 23,8
SOCIOLOGIA
DEL LAVORO
A 37 24,9
Totale prime 10
24,9
----------------------------------------------------
Tab.
6. Top Ten: SPS/08
----------------------------------------------------
Titolo Cat n %cum
----------------------------------------------------
RASSEGNA ITALIANA DI
SOCIOLOGIA
A 57 2,5
SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE B 45 4,4
SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI A 41 6,2
COMUNICAZIONI SOCIALI B 41 8,0
SOCIOLOGIA
DEL LAVORO
A 39 9,7
STUDI DI SOCIOLOGIA A 37 11,3
IN-FORMAZIONE X 35 12,8
PROBLEMI DELL'INFORMAZIONE C 35 14,3
IL MULINO
X 34
15,8
SALUTE E SOCIETA' B 31 17,2
Totale prime 10
17,2
----------------------------------------------------
Nelle
tabelle 5 e 6 riportiamo analoghe classifiche Top Ten per i due principali SSD
sociologici: Sociologia generale e Sociologia dei processi culturali. Spicca,
nel caso di SPS/08, l’anomalia di “In-Formazione”: rivista non riconosciuta dal’Anvur che, tuttavia, figura al settimo posto
nella Top Ten delle riviste con maggior numero di pubblicazioni registrate al
CINECA per questo SSD. L’influenza negativa di questa presenza sulla misura
della “qualità” delle pubblicazioni dei sociologi afferenti a Sociologia dei
processi culturali e comunicativi non può, anzi non deve, sfuggire. Più
interessante è comunque la tabella 7, che presenta la percentuale di
pubblicazioni coperte dalle prime dieci riviste, secondo il SSD. Come si vede,
la proporzione varia in modo significativo, con SPS/08 in testa (solo il 17% di
pubblicazioni nelle prime 10 riviste) seguita da SPS/07 (circa il 25%). Le
sociologie applicate mostrano una maggiore concentrazione di pubblicazioni in
un numero ristretto di riviste – presumibilmente anche per via del minor numero
di riviste disponibili alle varie specializzazioni d’area.
Tab.
7. Percentuale di pubblicazioni nelle prime 10 riviste, secondo il SSD
------------------------------------------------------
SPS/07
24,9
SPS/08
17,2
SPS/09
35,9
SPS/10
37,9
SPS/11
32,4
SPS/12
40,7
Totale Sociologia 19,3
-------------------------------------------------------
Per
quanto utile in prima approssimazione, questo indicatore non è però esaustivo,
e di certo non può leggersi anche come indice di dispersione o frammentazione.
Per questo, abbiamo calcolato una serie di misure ad hoc, riportate nella
tabella 8.
Tab.
8. Misure di dispersione e concentrazione delle pubblicazioni su rivista, secondo il SSD
--------------------------------------------------------------------------
| N pub_ma pub_sd singoli gini
-----------------------------------------+--------------------------------
SPS/07 Sociologia Generale |
826 3,9 10,7 55,3
63,2
SPS/08 Sociologia Proc Cult| 716 3,2 5,8 59,1 57,7
SPS/09 Sociologia Proc Ec | 403 3,6 11,1 56,1 61,7
SPS/10 Sociologia Amb. | 202 2,4 6,6 66,8 50,4
SPS/11 Sociologia Fen Pol | 117 2,6 2,8 53,0 45,6
SPS/11 Sociologia Fen Pol | 117 2,6 2,8 53,0 45,6
SPS/12 Sociologia Giuridica| 140 3,6 5,6 58,6 59,4
|
Sociologia |
1.661 5,0 15,1 51,9 68,2
---------------------------------------------------------------------------
LEGENDA
N = numero di riviste
pub_ma = media
aritmetica del numero di pubblicazioni per rivista
pub_sd = deviazione
standard del numero di pubblicazioni per rivista
singoli = pct. riviste
con una sola pubblicazione
gini = indice di
concentrazione di Gini della distribuzione del numero di pubblicazioni per
rivista
Come
si vede, il 52% delle riviste in cui pubblicano i sociologi italiani sono
riviste che compaiono nel data base CINECA (area sociologica) una sola volta: esse
compaiono, cioè, in virtù di un’unica pubblicazione. Considerando che sono ben
1.661 (!!!!) le riviste e periodici citati nelle schede CINECA compilate dai
sociologi, questo vuol dire che circa 800 di queste riviste hanno pubblicato un
solo articolo di un sociologo nel periodo 2002-2012. In alcuni casi si tratta
di riviste straniere (talvolta internazionali) di scienze sociali in cui solo
una volta la sociologia italiana ha fatto sentire la sua voce nel corso del
decennio considerato. Sono riviste come – per fare giusto qualche esempio tra i
molti possibili – “Socio-logos”, la “Revista internacional de sociologia”, “Zeitschrift
für Familienforschung”, “Education et sociétés, “Sustainability”, la “Revista
iberoamericana de juventud” ecc. In qualche caso, si tratta di riviste anche di
un certo rilievo se non di eccellenza (indicizzate Scopus o ISI), che per
ragioni varie sono poco frequentate dai sociologi italiani (a volte perché non
facilmente “abbordabili”, come AJS, altre volte per il fuoco tendenzialmente
nazionale, come “Ethnologie française”). Ma più spesso, e tipicamente come ci mostra
la tabella 9, si tratta di riviste che solitamente non ospitano scritti di sociologi – anzi, non ne ospitano mai
eccetto che in una occasione. Circa l’80% delle riviste “mono-pubblicazione”
(chiamiamole così, per comodità) sono infatti classificabili come di fascia X,
la nostra fascia residuale, in cui trovano posto le riviste che non solo non
sono indicizzate in ISI/Scopus, ma non sono state neppure riconosciute
dall’Anvur come afferenti all’area delle scienze sociali. E’ un dato
impressionante, che segnala non solo una dispersione di forze ma anche, e
soprattutto, una ipertrofia di pubblicazioni occasionali e prive di progetto.
Tab. 9. Distribuzione percentuale delle
classi di riviste, secondo il numero di pubblicazioni
dichiarate dai sociologi italiani (tutti i SSD).
dichiarate dai sociologi italiani (tutti i SSD).
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
|
Numero
pubblicazioni |
|
1 2 3-4 5-10 11-20 21+
| Totale
----------+------------------------------------------------------------+---------------
A
| 0,2 0,0 0,0 0,6 2,3 18,5 | 1,0
B
| 0,4 0,4 2,0 2,9 4,6 29,2 | 2,2
C
| 0,4 0,4 0,5 3,5 5,7 18,5 | 1,7
ISI+SCO | 19,5 24,1 21,2 17,0 11,5 1,5 | 19,1
X
| 79,5 75,1 76,3 76,0 75,9 32,3 | 76,0
| |
Totale | 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 | 100,0
|
|
(n) | 862 273 203 171 87 65
| 1.661
----------+------------------------------------------------------------+----------------
Quanto
(poco) queste riviste “mono-pubblicazione” possano risultare significative per
la disciplina è facile immaginare, così come immaginabile è il (non) controllo
dei pari che su queste pubblicazioni può essersi esercitato. Troviamo qui, per
dare qualche informazione aggiuntiva rispetto al dato statistico, e forse anche
qualche nota di colore, periodici (per lo più sconosciuti, spesso di rilevanza solo
locale o molto settoriale, e in qualche caso dai nomi più improbabili) come Abruzzo
Contemporaneo, Accaparlante, Accenti, Arco di Giano, Astrolabio, Cenobio, Contributi
di Ricerca Crenos, Crescita Turismo, Dalla Parte del Torto, Essere Comunisti,
Filmcritica, Governareper, Il Cannocchiale, Il Delfino, Il Portolano, Il Seme
Sotto la Neve, Intelligence & Storia Top Secret, Ipab Oggi, L’Ape
Ingegnosa, L’Idomeneo, L’Invito, L’Italia Francescana, La Furia Umana (che di
pubblicazioni di sociologi ne conta a dirla tutta ben 4, come “Lancillotto e
Nausica” peraltro), Missione Oggi, Osteoporosi.it, Per
Aspera ad Veritatem, Piemonte Parchi, Poli-Femo, Post Scritpum, Pragma, Prove
di Drammaturgia, Quaderni d’Altri Tempi, Quis Ut Deus, Rivista Abruzzese (con
ben 3 pubblicazioni), Sestante, Slow, Studi di Museologia Agraria, Tuttoscuola,
Vita Consacrata, e via di questo passo. Non manca “Il Bradipo”, il cui
sottotitolo (“Rivista multimediale periodica di Socioterapia e vita quotidiana”)
esprime in modo eloquente la sua destinazione d’uso.
Come
mostra la tabella 8, i sociologi dell’ambiente e quelli dei processi culturali,
più spesso dei loro colleghi, pubblicano in periodici che con la disciplina
hanno un rapporto occasionale e del tutto contingente. L’indice di
concentrazione di Gini – che in questo caso si riferisce alla distribuzione del
numero di pubblicazioni per rivista ed è compreso tra 0 (minima concentrazione)
e 100 (massima concentrazione) – varia in effetti non poco a seconda del SSD:
il minimo si registra tuttavia (ancora una volta) per Sociologia dei fenomeni
politici (indice = 46), seguita da Sociologia dell’ambiente (50) e da Sociologia
dei processi culturali (58). La concentrazione più elevata si registra tra i
sociologi generali (63). Come vedremo, l’indice di concentrazione aggregato non
è comunque tale da caratterizzare negativamente (ma neppure positivamente!) la
sociologia rispetto ad altre discipline sociali e politiche.
Cerchiamo
di leggere questi dati, di darne una interpretazione sociologica. Non ci sono
dubbi che maggiore è il numero di riviste e rivistucole su cui i membri della
professione sociologica pubblicano – maggiore, cioè, è la dispersione e
frammentazione del lavoro sociologico in rivoli di scarsa entità – minore è il
grado di istituzionalizzazione della disciplina, minore è la comunicazione
intra-professionale e maggiore è la sua fragilità intellettuale. Si potrebbe
obiettare che è proprio questa dispersione ciò che consente alla sociologia di
essere una risorsa pubblica, e che la presenza diffusa di voci sociologiche nei
media a ogni livello (da nazionale
a regionale sino a cittadino) e in sfere del sapere anche diverse, se
non lontane, dalla disciplina sia sintomo di forza e non di fragilità.
Concediamo che in alcuni casi pubblicare su riviste o periodici non
professionali, e persino non scientifici, possa essere un elemento positivo:
dopo tutto, il sociologo si qualifica anche per la sua capacità di parlare a un
pubblico di non esperti a proposito di problemi sociali più o meno rilevanti e
urgenti, portando la sua esperienza e competenza professionale che è anche
competenza scientifica. Alcuni titoli che troviamo nella lista lasciano
immaginare che di questo si tratta: La Stampa, Il Manifesto, Micromega, Reset…
Il problema, però, non è la presenza di
scritti di sociologi su questi periodici. Il problema ha a che fare con il modo
in cui questa presenza viene articolata con l’identità del sociologo. Nulla
vieta (e di certo non lo vietiamo noi) a un sociologo, in quanto autore/scrittore/esperto,
di pubblicare su riviste e periodici di intervento pubblico e dibattito
politico. Ciò che fa specie è che una parte non piccola della produzione dei
sociologi italiani finisca in questo genere di attività pubblicistica e,
soprattutto, che essa possa essere inclusa – da parte dei loro stessi autori – nell’attività
scientifica e professionale, e fatta passare come attività di sociologo
accademico. Il dubbio che al sociologo italiano spesso sfugga il valore e il
senso della linea di demarcazione tra sociologia come scienza (o almeno come
disciplina) e intervento politico-culturale è in effetti forte. Che possa
trasgredirla o annebbiarla intenzionalmente – cosa plausibile e possibile – non
migliora di molto la situazione. Esserci o farci in questo caso producono il
medesimo effetto: che è l’indebolimento, se non lo sgretolamento, dello statuto
della sociologia in quanto disciplina accademica.
In
breve, invece di lavorare per pubblicare su riviste di riconosciuta reputazione
professionale, riviste che siano centrali nel campo accademico in cui opera la
disciplina, riviste che abbiano anche una visibilità nazionale se non
internazionale in quanto luoghi del dibattito scientifico, sembra che il
sociologo italiano medio abbia una spiccata vocazione per il localismo e l’anti-specialismo
– se non per il “tuttologismo” che, come sappiamo, è uno dei mali storici della
sociologia, in parte superato in altri contesti nazionali, ma che ancora segna
pesantemente l’identità della disciplina (se così si può dire) nel nostro paese.
Alcuni SSD sembrano maggiormente esposti al rischio di localismo e
tuttologismo: la Sociologia dei processi culturali, la Sociologia dell’ambiente
e la Sociologia politica. Ma il quadro non cambia di molto se si passa agli
altri SSD in cui si articola la disciplina. Anche la sociologia economica
soffre di questa sindrome da tappabuco, per cui ogni occasione di pubblicazione
non va sprecata, contribuendo anch’essa allo spreco collettivo di risorse e di
status che ha caratterizzato la sociologia italiana negli ultimi decenni.
3. La sociologia e le altre
scienze politico-sociali
Qualche
utile elemento di giudizio offre l’analisi comparata della sociologia con altre
discipline dell’area 14, in particolare con la Filosofia politica, la Scienza
politica, la Storia delle istituzioni politiche, la Storia delle relazioni
internazionali e gli studi d’area (Storia e istituzioni dell’Asia, delle
Americhe e dell’Africa). La tabella 10 mostra che i mali della sociologia sono
diffusi a tutta l’area delle scienze politiche e sociali – in alcuni casi,
anche più accentuati. In alcuni SSD, la fascia residuale supera addirittura il
70%. La tabella mostra però anche chiaramente la variabilità interna all’area
per SSD rispetto all’internazionalizzazione e alla distribuzione di qualità. In
particolare, mostra la più elevata internazionalizzazione della Scienza Politica
rispetto alla sociologia (ma anche a tutte le altre discipline politologiche),
nonché la relativamente minore dispersione delle pubblicazioni in riviste non
riconosciute dall’Anvur e non indicizzate in ISI/Scopus.
Tab. 10. Distribuzione della fascia delle
riviste, secondo il SSD (valori percentuali)
-------------------------------------------------------------------------------
Settore scientifico-disciplinare | n A B C I+S X
-----------------------------------------+-------------------------------------
SPS/01
Filosofia politica | 1.154 3,8 17,3 6,8
7,6 64,5
SPS/02 Storia
delle Dottrine Politiche | 1.082 3,5 21,8 3,1
5,7 65,8
SPS/03 Storia
delle Istituzioni Politich |
467 0,2 24,2
3,9 9,0 62,7
SPS/04 Scienza
Politica | 2.297 11,5 14,5 6,5 18,3 49,2
SPS/05 Storia
e Istituzioni delle Americ |
211 0,5 9,0
1,4 16,6 72,5
SPS/06 Storia
delle Relazioni Internazio |
446 0,0 0,9
7,4 4,7 87,0
SPS/13 Storia
e Istituzioni dell'Africa | 374 0,3 29,7 0,5 7,0 62,6
SPS/14 Storia
e Istituzioni dell'Asia | 166
2,4 10,8 5,4
7,8 73,5
|
Totale
discipline politologiche | 6.197 5,7
16,7 5,3 11,4 60,9
Totale discipline
sociologiche |
8.234 16,8 15,9 7,1
9,7 50,5
|
Totale Area 14
|
14.431 12,0 16,2 6,3
10,5 55,0
-------------------------------------------------------------------------------
Vale
la pena notare la più contenuta presenza, nella Scienza Politica, di pubblicazioni
in fascia A secondo il rating Anvur – 11,5% contro il 16,8% dell’intera area
sociologica. Questo dato va tuttavia letto sullo sfondo della assai più ridotta
ampiezza di quella classe nell’area politologica rispetto a quella sociologica
(solo 4 riviste, di cui 2 di riferimento per la SP, contro le 13 delle
discipline sociologiche). Peraltro, se si considera che le pubblicazioni di
classe I+S sono almeno equivalenti a quelle di classe A, il profilo di maggior qualità
della Scienza Politica rispetto alla Sociologia nel suo insieme emerge
nitidamente (18,3 + 11,5 > 9,7 + 16,8). Sospettiamo che la storia della disciplina
– e in particolare l’assenza al suo interno di stabili contrapposizioni tra
gruppi mutuamente esclusivi e in rapporti volta a volta di conflitto e
collusione, pur in presenza di minoranze attive intellettualmente capaci di
esprimere pluralismo culturale ma sempre nel quadro di una condivisione di
regole di governo della disciplina finalizzate alla promozione del merito e
alla difesa non ottusa dei confini – sia ciò che meglio può spiegare questa
eccellenza (quantomeno relativa). La sociologia dovrebbe prendere esempio.
Maurizio
Pisati e Marco Santoro
Citando (o parafrasando se si preferisce) Goldthorpe, si potrebbe dire che anche qui si osserva un doppio scandalo: quello evidente dai risultati qui presentati e quello della mancata consapevolezza di tale scandalo. La premessa di valore che informa l'articolo (secondo cui le riviste sono il "segmento che, almeno in linea di principio, dovrebbe coprire la maggior parte dei prodotti del lavoro professionale del sociologo") infatti è contraddetta dalla pratica, dura a morire, di dare molto più valore nelle valutazioni comparative alle monografie (quali che esse siano) invece che agli articoli (su riviste qualificate, ovviamente).
RispondiEliminaRenzo Carriero
Università di Torino
"Approfitto dell'interessante e utile articolo di Maurizio Pisati e Marco Santoro - sulle analisi dei quali mi riservo di intervenire con commenti in un secondo tempo - per chiedere ai colleghi ordinari a quanti di loro sia accaduto il pernicioso inconveniente di non riuscire a inviare la propria domanda di inclusione nelle liste di potenziali commissari per l'abilitazione nazionale. Un sibillino problema informatico mi ha prima fatto credere di aver concluso la procedura, per poi - a tempi ahimé irrimediabilmente scaduti - rivelare invece che il file non era stato correttamente salvato. A nulla sono valsi i miei successivi tentativi di porre rimedio per via amministrativa, poiché l'inconveniente informatico non ha lasciato alcuna traccia.
RispondiEliminaM. Luisa Bianco (Università del Piemonte Orientale)"