E così alla fine è uscito anche il ranking
dell'Ais. Il ranking delle riviste di sociologia che si pubblicano in
Italia. Che non sono proprio poche, come sappiamo, e che sono persino più di
quelle che ci si poteva aspettare. In tutto, sono 52 le riviste elencate e
classificate, più una che ha deciso di restare in panchina, considerato che la
sua data di nascita cade dopo il periodo preso in esame dall'Anvur ( e
presumibilmente non avrebbe guadagnato molto dal comparire in questa
classifica). E delle 52 che invece ci sono, in classifica? Facciamo qualche
rapido conto. Delle quattro fasce (AA, A, B, C), la più popolata è la seconda,
la fascia A, con ben 15 riviste. In B sono in 13, 10 sono in C, e - udite udite
- 14 sono in AA. In totale, 23 riviste sono nella fascia diciamo
inferiore: troviamo qui peraltro riviste che con la sociologia c'entrano poco o
punto (come Visioni Latino-Americane, Nuova Atlantide, o Il Pensiero politico),
e riviste di spiccato valore locale o specialistico (come le varie riviste
dedicate al servizio sociale). Ma 29 riviste sono piazzate saldamente in
fascia superiore (AA + A). Una bella e corposa élite, non c'è che dire.
Di cui dubitiamo l'ANVUR sarà contenta. E' l'ennesima prova dell'elitismo
democratico dell'Ais, ovvero del suo consociativismo al ribasso, il "todos
caballeros" di cui dice l'amico Pisati anche nel messaggio qui sotto
pubblicato? E' presto per dirlo con certezza. Intanto, alcune presenze
erano d'obbligo: potevano non essere in fascia superiore Stato e Mercato o la
RIS? potevano mancare Sociologia e ricerca sociale e Quaderni di sociologia?
Ovviamente no, e infatti ci sono, e svettano nella classifica, insieme ad una
rivista storica anche se oggi un po' annebbiata come Quality and Quantity, e
alla più giovane ma valorosa (parlo pro domo mea, è chiaro)
"Sociologica". Potevano mancare Studi di Sociologia e Sociologia e
politiche sociali? No, ovviamente. E la lista intanto si gonfia. E' però vero
che in questa peraltro ampia elite mancano riviste storiche come
"Sociologia" (la rivista dell'Istituto Sturzo, peraltro presente in
un data base autorevole come Scopus) e la ferrarottiana "La critica
sociologica" - entrambe finite in B, come la gloriosa
"Inchiesta".
Ma se alcune vecchie riviste un po' a sorpresa
(conoscendo l'italica gerontocrazia non ce lo aspettavamo) segnano il passo,
ecco che all'orizzonte sfavillano delle nuove, e misteriose. Come "Comunicazionepuntodoc",
la rivista - cito dal sito - per ora "del
Dottorato in Scienze della Comunicazione e della Scuola Mediatrends della
Sapienza Università di Roma", che però "aspira a divenire un punto di riferimento, e una risorsa condivisa, per i Dottorati in
Comunicazione e in Scienze Sociali a livello nazionale". Il suo sito, sia
detto per inciso, "rappresenta anzitutto uno strumento per conoscere la rivista, quanti già vi lavorano e il lavoro che è stato portato avanti in
questi anni." Insomma, una rivista che per il momento
"aspira" e che ha un sito per "farsi conoscere"....che pure
finisce in classifica come AA. Mistero delle classifiche, facilmente solubile
peraltro quando si sappia chi è il direttore della fantomatica rivista
che, nata un paio di anni fa e di fatto scritta da dottorandi (soprattutto
intenti a quanto risulta dagli indici disponibile online a fare interviste ad
autorevoli sociologi italiani, giornalisti e operatori della comunicazione) si
è piazzata meglio di riviste di rilevanza internazionale oltre che di rilievo
storico come la Revue International de Sociologie
- per chi non lo sapesse, la prima rivista di sociologia fondata al mondo (è
nata nel 1893) organo ufficiale dell'Institute International de Sociologie, e
basata da ormai sei decenni in Italia, a Roma, alla Sapienza, Facoltà di
Scienze Statistiche - e Polis, la rivista dell'Istituto Cattaneo, vale a
dire di uno dei centri di ricerca che hanno fatto e tuttora fanno la storia
delle scienze sociali in Italia. Non tolgo il piacere della scoperta ai
curiosi: prego anzi di andare a visitare il sito citato, all'indirizzo
http://www.comunicazionepuntodoc.it/ Sia chiaro: non è male come rivista
di un dottorato in comunicazione. Ma le riviste scientifiche di sociologia sono
altra cosa.
Se questa è l’anomalia più vistosa, per cui
possiamo solo sperare in una svista da parte dell’Ais, altre bizzarrie saltano
agli occhi insieme ad alcune encomiabili scelte (tra cui ovviamente quella
dell'indice h come uno dei sei principi di valutazione: la battaglia sul forum
Ais ha dato i suoi frutti). Intanto, la scelta di due parametri piuttosto
inusuali nella valutazione della ricerca, e cioè “focus identitario” e
“distribuzione commerciale”. Con il primo, ci viene spiegato, si "fa
riferimento al fondamento identitario della rivista: al suo essere
programmaticamente espressione di un gruppo ristretto... di una
tematica/approccio o, piuttosto, della disciplina nel suo insieme". Possiamo
capire la ratio sottostante: in un campo disciplinare localistico e
frammentato, essere espressione di una comunità più ampia, trasversale e
interregionale, è meglio che essere espressione di un gruppo di colleghi di
dipartimento. E sia. Ma allora l'Ais ci deve spiegare come sia possibile che
proprio quella rivista che dichiara di essere espressione di un dottorato
romano e che per ora solo "aspira" a diventare qualcosa di più
totalizzi già ora su questa dimensione il punteggio massimo (1.00), come riviste
storiche della sociologia nazionale quali RIS e QS - mentre per qualche strana
alchimia una rivista che si rivolge all'intero spettro disciplinare ed è
gestita da sociologi di varie università e specializzazione come Sociologica si
ferma a 0.83, alla pari con la Revue International de Sociologie. Una rivista
come Sociologia urbana e rurale totalizza .0 - come se, questo sembra di dover
capire, la sociologia urbana e rurale non avesse nulla a che fare con
l'identità sociologica!
Il secondo fattore è decisamente più
problematico nella sua significatività o meglio pertinenza rispetto
all'obiettivo: il riferimento è qui "all'acquisibilità della rivista
attraverso i canali di distribuzione più consolidati per le riviste
cartacee", e ha come indicatori non meglio definiti: 1) presenza nella rete di distribuzione nazionale; 2) presenza nella rete di distribuzione internazionale. Bene,
a parte il fatto che proprio non si capisce cosa c'entri la distribuzione commerciale
con la valutazione di una rivista scientifica (qui si confonde, ci pare, la
presenza di un editore che è garanzia di continuità e serietà, con la presenza
sul mercato e il vil denaro), e senza voler a tutti i costi notare che la
scelta della rivista cartacea come parametro puzza da un lato di stantio e dall'altro
di favore "ad rivistam" (come noto, proprio una delle riviste
storiche italiane NON gode per sua sfortuna della versione online), la cosa che
più colpisce è il risultato dell'applicazione di questo parametro al corpus
delle riviste italiane, con risultati decisamente grotteschi: incredibilmente,
la Revue International de Sociologie che è pubblicata da Routledge e
distribuita da un colosso come Taylor & Francis consegue su questa
dimensione il grandioso punteggio di .0, esattamente come Sociologica,
pubblicata da un editore a tutti noto e di rispetto come Il Mulino, distribuita
nel canale tipico di distribuzione delle riviste di questo editore e cioè il
sito RivisteWeb, ma che probabilmente essendo non solo online ma anche free
access (con grande coraggio dell'editore, che ha deciso di non
guadagnarci per ora ma di puntare sulla promozione e innovazione scientifica e
commerciale di un prodotto decisamente inedito nel panorama italiano e non solo
italiano), risulta alla fine penalizzata proprio su ciò che in una normale
comunità scientifica verrebbe premiato, e cioè l'accessibilità agli studiosi a
prescindere da esborsi di sorta o da vincoli cartacei. Peraltro, identica sorte
(cioè punteggio pari a 0 su questa dimensione) è toccata non si sa come a
Comunicazione politica-Compol, edita anch'essa oggi dal Mulino, e posizionata
in B (per chi conosce la rivista, che è rivista di riferimento nel suo settore,
e ha una idea di chi sia il suo editor, una collocazione quanto meno
problematica).
E che dire del parametro "accessibilità
dei contenuti online"? una dimensione significativa per catturare aspetti
cruciali dell'attuale circolazione dei saperi, non c'è dubbio, ma il cui senso
e valore dipende anche da come viene concepita e quindi operativizzata. E in
questo caso l'operativizzazione è tale da premiare maggiormente una rivista che
ha online SOLO gli abstract (ma in due lingue), rispetto a riviste - come
Sociologica, ancora, il cui sottotitolo è "Italian Journal of Sociology
online" - che rendo accessibile online TUTTI i contenuti, ma per ovvie
ragioni trattandosi di rivista rivolta ad un pubblico internazionale, nella
sola lingua inglese, lingua che nessun sociologo degno di questa nome può non
leggere nel 2012. E così, ancora una volta, la fantomatica
Comunicazionepuntocom batte Sociologica - su ciò che Sociologica ha di
caratterizzante, l'online!!!!!
Conosco abbastanza bene, e apprezzo, Maria Carmela Agodi,
la collega "cui è toccato il difficile compito di elaborare, sui dati
disponibili, una sintesi operativa dei diversi contributi e dei diversi stimoli
provenienti da un dibattito difficile e complesso", per pensare troppo
male. Dico "troppo" perché oltre a Maria Carmela conosco anche il
campo sociologico italiano, e mi riesce difficile credere che all'improvviso in
queste settimane questo campo si sia trasformato, e non sia quello che tutti
noi purtroppo ben conosciamo (e che è stato da me descritto in un articolo di
qualche tempo fa pubblicato sulla RIS e disponibile anche in questo blog). Del
resto, il forum dell'Ais è testimonianza di quanto vivace sia stato il
confronto in pubblico - possiamo immaginare che toni e modi possa avere
avuto in privato, nei corridoi dei dipartimenti, e per telefono. Insomma, i
tempi sono stati stretti, e le pressioni sono state notevoli, da tutte le
parti, e in tutti i sensi. Un lavoro e una fatica non da poco, quello che Maria
Carmela si è sobbarcata, di cui dobbiamo tutti esserle grati. Ma i difetti di
questo ranking sono sotto i nostri occhi, e vanno affrontati con
determinazione, trasparenza, coraggio e anche senso della dignità
professionale.
La nota di presentazione con cui il presidente
Bruschi ha accompagnato la pubblicazione del ranking ci lascia ben sperare:
"I criteri che sono stati utilizzati e che rendiamo pubblici,
contestualmente al ranking che da essi deriva, debbono essere considerati la base
di partenza per un ulteriore approfondimento al fine di giungere a una
stesura finale dell’indice di rilevanza tale da costituire uno strumento stabile,
valido e affidabile con cui aggiornare la classificazione delle riviste. Stiamo
programmando le attività necessarie a tal fine, tra cui un secondo incontro
da fare nell’ambito della nostra associazione, per individuare i processi
virtuosi che ne possono scaturire e quelli viziosi che occorre prevenire e
disinnescare." Un suggerimento al Presidente: prima di convocare questo
nuovo incontro, provveda ad una revisione del ranking, al controllo delle
stranezze più marchiane, alla correzione degli errori materiali (ci saranno
anche quelli), e soprattutto all'espunzione di ciò che non avrebbe mai dovuto
esserci.
Intanto, come contributo alla discussione, e
alla sua trasparenza, "Per la sociologia" ha deciso di pubblicare alcuni dei
messaggi che tra sabato e domenica scorsi sono stati inviati a Maria Carmela
Agodi, con Bruschi in Cc. Iniziamo da quelli di Filippo Barbera, di Mario Cardano, di Maurizio
Pisati e del sottoscritto. Questi messaggi hanno avuto già risposta, che
speriamo di poter pubblicare presto, se la loro autrice ci darà il consenso.
Marco Santoro
* * *
Cara Maria Carmela (con Pisati, Santoro,
Cardano, Negri e Ramella in Cc),
ho visto il ranking delle riviste, non so se è
quello definitivo o se i GEV di area devono ancora esprimere il loro parere. Il
risultato è complessivamente apprezzabile secondo me, anche se forse
qualche sforzo in più per discriminare le AA poteva essere fatto. So che queste
sono cose complesse e devono rispondere a pressioni pluralistiche, del resto.
Alcuni diranno che in realtà si discrimina poco e spero davvero che questo sia
un primo (difficile) passo verso una meta più ambiziosa.
Ho però una domanda: nella classe AA spicca
per dissonanza reputazionale la rivista Comunicazionepuntodoc. Se
non sbaglio ne sono usciti solo 4 numeri di questa rivista e già ciò
è un elemento peculiare che suggerirebbe molte cautele nel collocarla nella
fascia AA.
La mia domanda è però un'altra: a questa
rivista viene assegnato valore 1 (valore massimo) sulla dimensione
"identità", che definite come:
DIMENSIONE
5: nucleo identitario
La dimensione fa riferimento al fondamento
identitario della rivista:
al suo essere programmaticamente espressione
di un gruppo ristretto o, piuttosto, della
disciplina nel suo insieme.
Criterio: riferibilità a un Dipartimento,
Istituto o Centro di ricerca, sezione AIS, tematica/approccio,
obiettivo specifico o rivolgersi e voler
essere riferimento per tutta la sociologia italiana.
Indicatori:
1) riconducibilità a un Dipartimento, Istituto
o Centro Dipartimentale o di Ateneo, a
un’Istituto di ricerca nazionale,
identificazione con una tematica/approccio o con l’intera
disciplina e la sua
circolazione/comunicazione.
La domanda è questa: l'elemento identitario
"programmaticamente ristretto" è un valore positivo o negativo? Si
possono avere idee diverse a riguardo e io personalmente penso che sia negativo
(cioè tanto più la rivista è espressione di un gruppo di dipartimento o sezione
e tanto minore dovrebbe essere il punteggio), ma questo è opinabile, forse.
Ma perchè la
rivista Comunicazionepuntodoc, che è "progettata e realizzata dallacommunity di dottorandi, dottori di ricerca,
ricercatori e docenti che fanno parte del Dottorato di Ricerca in Scienze della Comunicazione
della Sapienza Università di Roma", ha valore 1 come la Rassegna italiana
di sociologia che invece ha un board composito e non è espressione di un Dipartimento
o istituto di ricerca? Come possono avere entrambe valore 1? Cosa succederebbe
alla classifica se togliessimo questa dimensione che è davvero opinabile? (e
perdipiù pare dare lo stesso valore a due riviste che stanno agli opposti
estremi della dimensione "nucleo identitario"?)
Scusa la lunghezza della
domanda, ma sono in partenza per NYC fino a sabato prossimo e non volevo
attendere una settimana con questo dubbio.
un caro saluto
Filippo
* * *
Carissim* (aggiungo alla lista dei destinatari anche il presidente della nostra associazione),
concordo con le ragioni addotte da Filippo sulle perplessità della collocazione di una rivista, che forse pochi conoscono (io personalmente ne apprendo l'esistenza solo ora). In Publish or Perish, inserendo nel campo Jounal Impact la stringa "comunicazionepuntodoc", non si ottiene alcuna statistica: nella banca dati di Google Scholar quella rivista sembra non esistere.
concordo con le ragioni addotte da Filippo sulle perplessità della collocazione di una rivista, che forse pochi conoscono (io personalmente ne apprendo l'esistenza solo ora). In Publish or Perish, inserendo nel campo Jounal Impact la stringa "comunicazionepuntodoc", non si ottiene alcuna statistica: nella banca dati di Google Scholar quella rivista sembra non esistere.
Personalmente ho qualche riserva sulla scelta delle componenti principali come strumento di riduzione della dimensione dello spazio di attributi. L'ACP, come noto, si ripropone di massimizzare la varianza estratta e non già di riprodurre la matrice di correlazione originaria, inserendo un vincolo più robusto sul piano ontologico all'estrazione dei fattori (in senso stretto, non già componenti). Con un'analisi fattoriale Minres o di massima verosimiglianza mi sarei sentito più tranquillo. Devo comunque riconoscere che questo non è il mio "campo" e che forse altri - più competenti - possono entrare nel merito. Resta il fatto che, quale che sia la procedura statistica impiegata per generare una classificazione, l'esito di questa procedura debba essere valutata su di un piano sostantivo. Occorre poter disporre di buone ragioni - non contestabili - per difenderne la fondatezza dei risultati cui si perviene, per poter sostenere di aver misurato con misura. Aggiungo che la questione è estremamente rilevante per le implicazioni che possono derivare per la nostra piccola, ma estremamente rissosa comunità scientifica.
Penso sia fondamentale rilasciare una proposta che raccolga il massimo dei consensi. Ovviamente non mi attendo che tutti i direttori delle riviste debbano essere d'accordo sulla collocazione puntuale nella graduatoria, ma che riconoscano la fascia attribuita alla propria testata appropriata e, possano riconoscere la medesima misura nelle altre testate.
Comunicazionepuntodoc è sicuramente una ottima new-entry, diamole il tempo di farsi conoscere un po' di più, di mostrare il suo valore, per collocarla poi in fascia AA, anche in cima alla graduatoria, ma, allo stato attuale, mi sembra davvero inopportuno.
Un caro saluto
Mario Cardano
* *
*
Condivido pienamente le perplessità di Barbera
e Cardano. Non solo: credo che l'esercizio di ranking delle riviste realizzato
dall'AIS, per quanto apprezzabile nelle intenzioni, rappresenti un esempio di
scientometria sui generis fondato su assunti evanescenti e su una serie di
misure che -- indice H medio a parte -- presentano tre limiti fondamentali:
(a) Si basano su autodichiarazioni (spesso
incontrollabili) dei direttori delle riviste, manipolabili a piacere.
(b) Rappresentano dimensioni che hanno punto o
poco a che fare con la qualità scientifica di una rivista.
(c) Talvolta sono operativizzate in modo
bizzarro.
Per quanto riguarda, ad esempio, il punto (b),
mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse cosa hanno a che fare con la qualità
scientifica di una rivista il suo "grado di istituzionalizzazione" o
il suo "focus identitario". Per quanto riguarda il punto (c) -- e
sempre per fare solo un esempio -- che senso ha che una rivista come
Sociologica abbia punteggio 0 sull'indice "distribuzione
commerciale"? Proprio per il suo carattere di rivista esclusivamente
online (e, almeno per ora, ad accesso gratuito), rispetto ai due indicatori che
formano questo indice Sociologica dovrebbe avere il massimo: è pienamente
accessibile sia in Italia che all'estero, e i dati dell'editore sui lettori
della rivista lo mostrano con chiarezza.
Un paio di altre osservazioni in ordine sparso:
(a) La rivista "In-formazione" (a me
totalmente sconosciuta) raggiunge, rispetto alla dimensione "Rigore nel
referaggio", il punteggio massimo di 0.7. La RIS, tanto per fare un facile
paragone, totalizza solo 0.47. Polis, la rivista che attualmente dirigo, fa
meglio e arriva a 0.57. E' possibile conoscere il segreto di
"In-formazione", in modo tale che anche le altre riviste possano
assumerlo a esempio e possano aspirare al massimo rigore possibile?
(b) Anche ammettendo che le sei dimensioni
individuate siano tutte rilevanti, credo sia abbastanza evidente che non tutte
hanno lo stesso "peso" nel definire la qualità scientifica di una
rivista (per me, ad esempio, quattro di queste dimensioni hanno peso 0).
L'"indice di rilevanza" complessivo, invece, è una mera media
aritmetica dei sei indici prescelti. Come minimo, una scelta del genere
andrebbe giustificata su basi razionali, come sempre si cerca di fare nella
scienza.
Per concludere, purtroppo questa faccenda del
ranking delle riviste rappresenta -- almeno ai miei occhi -- l'ennesimo
segno di inadeguatezza dell'AIS rispetto ai propri compiti istituzionali. Fare
un ranking delle riviste scientifiche è sempre, senza dubbio, un'operazione che
presenta difficoltà di varia natura. Alcuni di noi hanno fatto una proposta
precisa che, per quanto discutibile e migliorabile, aveva il duplice pregio di
essere trasparente e di facile realizzazione. La proposta dell'AIS, invece, si
basa in buona parte su criteri dubbi o infondati e presenta diverse zone
d'ombra. Tuttavia, ammetto che possiede un pregio: la sua definizione della
fascia AA incarna in modo eccellente quel principio "todos
caballeros" che governa da tempo la nostra comunità professionale. Plus ça
change... Così è, se ci pare.
Cordiali saluti,
Maurizio Pisati
* * *
Cara Maria Carmela,
ti sarei grato se potessi "scomodare i
risultati di anni di Science & Technology Studies" per dirmi quale
giustificazione possa avere l'indice distribuzione commerciale nella
valutazione di una rivista scientifica.
Tra l'altro, se posso, distribuzione
commerciale non è sinonimo di distribuzione a pagamento (se vuoi ti scomodo i
risultati di anni di studi in Sociologia economica, e dei consumi in
particolare): Sociologica è distribuita tramite i canali commerciali della casa
editrice il Mulino, e in particolare tramite la piattaforma
"Rivisteweb", oltre che promossa dagli stessi canali pubblicitari di
tutte le altre riviste dell'editore (cataloghi). Dopo di ché, l'editore
commerciale il Mulino ha ritenuto, per il valore scientifico della rivista e
per il livello di innovazione del progetto, di metterla a disposizione
gratuitamente almeno per i primi anni di vita. Una strategia peraltro commerciale,
come ogni sociologo che si rispetti non può non comprendere.
Ti invito a consultare il sito del mulino, e
in particolare:
Resto comunque in attesa della tua
argomentazione. Per darti una mano ti dico questo: la scienza è un'arena di
conflitto, e si usano le armi di cui si dispone per cercare di tenere a bada
gli avversari. Siccome Sociologica è una rivista nata solo nel 2007 e
pubblicata da un editore che viene ritenuto - "malauguratamente" -
espressione di una parte della comunità, bisognava inventarsi l'assurdo della
distribuzione commerciale per tenere a bada il suo punteggio, altrimenti
eccessivo.
Come intuirai ho citato un tuo passaggio, in
cui vedo che ancora una volta vuoi non capire davvero il senso delle
affermazioni fatte: nessuno ha detto (benché lo possa pensare) che Sociologia e
ricerca sociale è rivista espressione di una componente. Ho detto e ripeto che
Sociologia e ricerca sociale, come Studi di Sociologia e molte altre
riviste inclusa probabilmente la RIS e Polis e SeM, sono percepite come
riviste di componente e trattate come tali. Cosa non sorprendente visto che
TUTTO o quasi tutto nella sociologia italiana è percepito in questi termini,
ahimè, e non certo per colpa di chi lo sostiene. Non so se avete dati che
possano sconfessare questa mia tesi. Se ne avete vi prego di comunicarmeli.
Perché sarebbero una vera e grande novità.
Per il resto, cara Maria Carmela, temo proprio
che l'aver inserito in AA una rivista ignota (e non solo a te, te lo
garantisco) come quella diretta da Morcellini sia davvero la classica scivolata
sulla buccia di banana che francamente avreste potuto evitarvi, dico nel vostro
interesse: perché è il segnale più smaccato ed evidente del fatto che questo
ranking è stato pilotato in ultima analisi da una componente. Come purtroppo
molti temevano, conoscendo il modo di funzionamento di questa nostra povera
disciplina. Spero sia chiaro che le obiezioni che ti/vi sono state rivolte non
sono motivate da banali interessi di bottega (siamo tutti in AA, non abbiamo
nulla da guadagnare) ma da ragioni di principio e di serietà intellettuale. E -
più di ogni alta cosa - dal desiderio di salvaguardare la dignità della
sociologia italiana. Quella stessa dignità che purtroppo l'Ais sembra incapace
di, o impossibilitata a, promuovere e difendere.
ciao
marco
Di seguito la risposta di Maria Carmela Agodi al messaggio di Barbera (in attesa di avere liberatoria anche per le altre risposte)
Caro Filippo, ringrazio per gli apprezzamenti e vengo subito ai problemi.
La scelta degli indicatori non è stata facile ma si è cercato di renderla argomentabile, sia sulla base delle preferenze sui criteri di valutazione espresse dalle stesse riviste che della finalità del ranking che si doveva ottenere, limitandola inoltre il più possibile a indicatori che esprimessero fatti o pratiche e non opinioni. Quello che metti in questione è l'unico indicatore rimasto in cui c'è una parte di soggettività nella espressione della risposta. L'intento dell'indicatore è proprio quello che anche tu hai inteso: la rivista di un Dipartimento ha un punteggio inferiore a quello di una rivista di una sezione AIS e questa ce l'ha inferiore a quello di una rivista che si ritiene espressione "della comunità scientifica dei sociologi italiani" nel suo insieme. La risposta esprime ciò che la redazione o il Direttore ritiene essere l'identità e la "mission" della rivista e i "controlli" sono limitati solo al fatto che se- ad esempio - dai dati presenti sul sito la rivista risulta essere tutta interna a un Dipartimento, compreso comitato scientifico e autori dei contributi, non vengono ritenute "fedeli" risposte che la considerano espressione di tutta la sociologia italiana. Tengo a esplicitare che questo indicatore è sopravvissuto a vari controlli. Altri indicatori, in un primo tempo ritenuti utili, quali la composizione del Comitato scientifico, sono stati invece scartati proprio perché si sono riscontrate risposte che risultavano "infedeli" a un controllo sul sito delle riviste e non facilmente correggibili, dal momento che gli stessi controlli non erano effettuabili su tutte le riviste nel breve tempo disponibile. Altri ancora sono stati scartati perché contavano troppi missing. Entrando nel merito del punteggio attribuito alla rivista che ti sembra fuori posto nel ranking, ho letto anch'io sul suo sito la frase che riporti tra virgolette, ma la risposta sul questionario datami dalla redazione fa riferimento a una interpretazione più ampia dell'identità e della mission della rivista (che peraltro non conoscevo, ma evidentemente per mio difetto), che mi è parsa intelligentemente innovativa nel panorama italiano, in direzione non lontana da quella per cui, ad esempio, abbiamo salutato come innovazioni interessanti riviste quali Sociologica e Tecnoscienza (programmaticamente aperte a contributi di giovani, anche provocatori rispetto al mainstream; con sguardo internazionale; con presenza di interviste e contributi "a caldo" accanto si saggi; con dibattiti su temi controversi e attuali, ecc.). Guarda caso, poi, tale risposta suona molto simile a quella ricevuta dalla redazione della RIS, che tu contrapponi, sotto questo rispetto, a Comunicazionepuntodoc. La RIS risponde che la rivista è espressione "della comunità scientifica dei sociologi italiani". Comunicazionepuntodoc risponde che la rivista è espressione "della comunità scientifica di comunicazione e scienze sociali e la sua mission è il coinvolgimento attivo di dottorandi e dottori di ricerca delle aree di comunicazione e scienze sociali degli Atenei italiani, che possono contribuire ai contenuti con propri articoli". Andando a vedere meglio sul sito della rivista, trovi che è stata progettata e realizzata dalla community della Scuola di Dottorato Mediatrends (non un Dipartimento o un Dottorato) per coinvolgere le aree di studio e di ricerca e in particolare dottorandi e dottori di ricerca di scienze sociali e comunicazione di tutti gli Atenei italiani, proprio come riportato nel questionario. Non mi sembrava corretto, dunque, ridurla a espressione di un Dottorato o Dipartimento: non ospita solo contributi di Dottori di ricerca o dottorandi; non ha un Comitato scientifico solo romano, ma conta su presenze internazionali; coinvolge esperti esterni nel referaggio; ha un numero di abbonamenti istituzionali notevole, segno che è presente nelle biblioteche di diversi Atenei e Istituti di ricerca; ha un'apertura a problematiche esterne al mero contesto italiano... Il punteggio assegnato sull'indicatore può certo essere opinabile, ma lo è quanto quello (identico, sì) assegnato alla Rassegna di Sociologia o a Sociologia e ricerca sociale, che si autodefiniscono espressione di tutta la sociologia italiana nonostante qualcuno ripeta, come malauguratamente ricorderai è accaduto ancora di recente proprio discutendo di riviste, che esse sono percepite come espressione di due diverse componenti della sociologia italiana. Io ritengo importante dare significato a ciò che esse percepiscono come la propria identità e fare poi in modo che siano i comportamenti successivi a modificare questa percezione. Il ranking ripetuto serve proprio a fare questi riscontri o non serve: se la RIS o SeRS rifiuteranno contributi per motivi che possano essere ricondotti alla loro affiliazione a una componente o se Comunicazionepuntodoc rifiuterà contributi per motivi riconducibili alla non afferenza o compatibilittà con la Scuola Mediatrends, il Direttivo in carica impegna l'AIS a esaminare i casi controversi che le vengano sottoposti e a declassare, ove le recriminazioni risultassero fondate, le riviste nel ranking. Abbiamo Soci onorari di indubbia reputazione e un Consiglio dei saggi cui questo compito può essere affidato e da cui ci si può aspettare possa essere responsabilmente svolto. E direi che questa è una novità. Se, d'altra parte, la reputazione cui ti appelli per identificare l'anomalia fosse un criterio condiviso in assoluto, non avremmo avuto bisogno di tanto lavoro per costruire un ranking condivisibile. Quello ottenuto è, evidentemente. solo un punto di partenza e l'attenzione dovrà essere ora, da parte di tutti, centrata sull'obiettivo di disinnescare circoli viziosi ed innescarne di virtuosi, nella direzione, tra l'altro, di impegnare le riviste a migliorare i propri risultati in termini di qualità dei contributi proposti. Se davvero l'ANVUR valuterà i saggi pubblicati, giustificandone valutazioni contrastanti da quelle attese sulla base del posizionamento nel ranking delle riviste su cui sono stati pubblicati, potremo usare i risultati di tale valutazione come un ulteriore indicatore (reso disponibile proprio dalla procedura di valutazione) da aggiungere a quelli già usati per il posizionamento delle riviste, coinvolgendo l'intera comunità disciplinare in un processo di maggiore attenzione alla qualità piuttosto che alla mera diffusione e circolazione dei prodotti editoriali. Spero di questi sviluppi si possa parlare in una prossima riunione con e su le riviste, che il Direttivo AIS ha intenzione di organizzare, riportando non solo il ranking, ma i risultati complessivi dell'indagine sulle riviste, che meritano di essere restituiti in una forma più estesa. E' con questo spirito che ho condiviso con il Direttivo AIS questo lavoro, condotto in tempi troppo brevi e con il materiale da elaborare che continuava ad arrivare in corso d’opera sino all’ultimo, ed è con questo auspicio che intendiamo consegnarlo alla comunità disciplinare. Un caro saluto e buona permanenza a NYC, Maria Carmela |
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