lunedì 13 febbraio 2012

Il ranking dell'Ais: qualche anomalia di troppo [con aggiornamenti]

E così alla fine è uscito anche il ranking dell'Ais. Il ranking delle riviste di sociologia che si pubblicano in Italia. Che non sono proprio poche, come sappiamo, e che sono persino più di quelle che ci si poteva aspettare. In tutto, sono 52 le riviste elencate e classificate, più una che ha deciso di restare in panchina, considerato che la sua data di nascita cade dopo il periodo preso in esame dall'Anvur ( e presumibilmente non avrebbe guadagnato molto dal comparire in questa classifica). E delle 52 che invece ci sono, in classifica? Facciamo qualche rapido conto. Delle quattro fasce (AA, A, B, C), la più popolata è la seconda, la fascia A, con ben 15 riviste. In B sono in 13, 10 sono in C, e - udite udite - 14 sono in AA. In totale,  23 riviste sono nella fascia diciamo inferiore: troviamo qui peraltro riviste che con la sociologia c'entrano poco o punto (come Visioni Latino-Americane, Nuova Atlantide, o Il Pensiero politico), e riviste di spiccato valore locale o specialistico (come le varie riviste dedicate al servizio sociale). Ma 29 riviste sono piazzate saldamente in fascia superiore (AA + A).  Una bella e corposa élite, non c'è che dire. Di cui dubitiamo l'ANVUR sarà contenta. E' l'ennesima prova dell'elitismo democratico dell'Ais, ovvero del suo consociativismo al ribasso, il "todos caballeros" di cui dice l'amico Pisati anche nel messaggio qui sotto pubblicato?  E' presto per dirlo con certezza. Intanto, alcune presenze erano d'obbligo: potevano non essere in fascia superiore Stato e Mercato o la RIS? potevano mancare Sociologia e ricerca sociale e Quaderni di sociologia? Ovviamente no, e infatti ci sono, e svettano nella classifica, insieme ad una rivista storica anche se oggi un po' annebbiata come Quality and Quantity, e alla più giovane ma valorosa (parlo pro domo mea, è chiaro) "Sociologica". Potevano mancare Studi di Sociologia e Sociologia e politiche sociali? No, ovviamente. E la lista intanto si gonfia. E' però vero che in questa peraltro ampia elite mancano riviste storiche come "Sociologia" (la rivista dell'Istituto Sturzo, peraltro presente in un data base autorevole come Scopus) e la ferrarottiana "La critica sociologica" - entrambe finite in B, come la gloriosa "Inchiesta". 

Ma se alcune vecchie riviste un po' a sorpresa (conoscendo l'italica gerontocrazia non ce lo aspettavamo) segnano il passo, ecco che all'orizzonte sfavillano delle nuove, e misteriose. Come "Comunicazionepuntodoc", la rivista - cito dal sito - per ora "del Dottorato in Scienze della Comunicazione e della Scuola Mediatrends della Sapienza Università di Roma", che però "aspira a divenire un punto di riferimento, e una risorsa condivisa, per i Dottorati in Comunicazione e in Scienze Sociali a livello nazionale". Il suo sito, sia detto per inciso, "rappresenta anzitutto uno strumento per conoscere la rivista, quanti già vi lavorano e il lavoro che è stato portato avanti in questi anni." Insomma, una rivista che per il momento "aspira" e che ha un sito per "farsi conoscere"....che pure finisce in classifica come AA. Mistero delle classifiche, facilmente solubile peraltro quando si sappia chi è il  direttore della fantomatica rivista che, nata un paio di anni fa e di fatto scritta da dottorandi (soprattutto intenti a quanto risulta dagli indici disponibile online a fare interviste ad autorevoli sociologi italiani, giornalisti e operatori della comunicazione) si è piazzata meglio di riviste di rilevanza internazionale oltre che di rilievo storico come la Revue International de Sociologie - per chi non lo sapesse, la prima rivista di sociologia fondata al mondo (è nata nel 1893) organo ufficiale dell'Institute International de Sociologie, e basata da ormai sei decenni in Italia, a Roma, alla Sapienza, Facoltà di Scienze Statistiche  - e Polis, la rivista dell'Istituto Cattaneo, vale a dire di uno dei centri di ricerca che hanno fatto e tuttora fanno la storia delle scienze sociali in Italia. Non tolgo il piacere della scoperta ai curiosi: prego anzi di andare a visitare il sito citato, all'indirizzo http://www.comunicazionepuntodoc.it/ Sia chiaro: non è male come rivista di un dottorato in comunicazione. Ma le riviste scientifiche di sociologia sono altra cosa.

Se questa è l’anomalia più vistosa, per cui possiamo solo sperare in una svista da parte dell’Ais, altre bizzarrie saltano agli occhi insieme ad alcune encomiabili scelte (tra cui ovviamente quella dell'indice h come uno dei sei principi di valutazione: la battaglia sul forum Ais ha dato i suoi frutti). Intanto, la scelta di due parametri piuttosto inusuali nella valutazione della ricerca, e cioè “focus identitario” e “distribuzione commerciale”. Con il primo, ci viene spiegato, si "fa riferimento al fondamento identitario della rivista: al suo essere programmaticamente espressione di un gruppo ristretto... di una tematica/approccio o, piuttosto, della disciplina nel suo insieme". Possiamo capire la ratio sottostante: in un campo disciplinare localistico e frammentato, essere espressione di una comunità più ampia, trasversale e interregionale, è meglio che essere espressione di un gruppo di colleghi di dipartimento. E sia. Ma allora l'Ais ci deve spiegare come sia possibile che proprio quella rivista che dichiara di essere espressione di un dottorato romano e che per ora solo "aspira" a diventare qualcosa di più totalizzi già ora su questa dimensione il punteggio massimo (1.00), come riviste storiche della sociologia nazionale quali RIS e QS - mentre per qualche strana alchimia una rivista che si rivolge all'intero spettro disciplinare ed è gestita da sociologi di varie università e specializzazione come Sociologica si ferma a 0.83, alla pari con la Revue International de Sociologie. Una rivista come Sociologia urbana e rurale totalizza .0 - come se, questo sembra di dover capire, la sociologia urbana e rurale non avesse nulla a che fare con l'identità sociologica!

Il secondo fattore è decisamente più problematico nella sua significatività o meglio pertinenza rispetto all'obiettivo: il riferimento è qui "all'acquisibilità della rivista attraverso i canali di distribuzione più consolidati per le riviste cartacee", e ha come indicatori non meglio definiti: 1) presenza nella rete di distribuzione nazionale; 2) presenza nella rete di distribuzione internazionale. Bene, a parte il fatto che proprio non si capisce cosa c'entri la distribuzione commerciale con la valutazione di una rivista scientifica (qui si confonde, ci pare, la presenza di un editore che è garanzia di continuità e serietà, con la presenza sul mercato e il vil denaro), e senza voler a tutti i costi notare che la scelta della rivista cartacea come parametro puzza da un lato di stantio e dall'altro di  favore "ad rivistam" (come noto, proprio una delle riviste storiche italiane NON gode per sua sfortuna della versione online), la cosa che più colpisce è il risultato dell'applicazione di questo parametro al corpus delle riviste italiane, con risultati decisamente grotteschi: incredibilmente, la Revue International de Sociologie che è pubblicata da Routledge e distribuita da un colosso come Taylor & Francis consegue su questa dimensione il grandioso punteggio di .0, esattamente come Sociologica, pubblicata da un editore a tutti noto e di rispetto come Il Mulino, distribuita nel canale tipico di distribuzione delle riviste di questo editore e cioè il sito RivisteWeb, ma che probabilmente essendo non solo online ma anche free access (con grande coraggio dell'editore, che ha deciso di  non guadagnarci per ora ma di puntare sulla promozione e innovazione scientifica e commerciale di un prodotto decisamente inedito nel panorama italiano e non solo italiano), risulta alla fine penalizzata proprio su ciò che in una normale comunità scientifica verrebbe premiato, e cioè l'accessibilità agli studiosi a prescindere da esborsi di sorta o da vincoli cartacei. Peraltro, identica sorte (cioè punteggio pari a 0 su questa dimensione) è toccata non si sa come a Comunicazione politica-Compol, edita anch'essa oggi dal Mulino, e posizionata in B (per chi conosce la rivista, che è rivista di riferimento nel suo settore, e ha una idea di chi sia il suo editor, una collocazione quanto meno problematica).

E che dire del parametro "accessibilità dei contenuti online"? una dimensione significativa per catturare aspetti cruciali dell'attuale circolazione dei saperi, non c'è dubbio, ma il cui senso e valore dipende anche da come viene concepita e quindi operativizzata. E in questo caso l'operativizzazione è tale da premiare maggiormente una rivista che ha online SOLO gli abstract (ma in due lingue), rispetto a riviste - come Sociologica, ancora, il cui sottotitolo è "Italian Journal of Sociology online" - che rendo accessibile online TUTTI i contenuti, ma per ovvie ragioni trattandosi di rivista rivolta ad un pubblico internazionale, nella sola lingua inglese, lingua che nessun sociologo degno di questa nome può non leggere nel 2012. E così, ancora una volta, la fantomatica Comunicazionepuntocom batte Sociologica - su ciò che Sociologica ha di caratterizzante, l'online!!!!!

Conosco abbastanza bene, e apprezzo, Maria Carmela Agodi, la collega "cui è toccato il difficile compito di elaborare, sui dati disponibili, una sintesi operativa dei diversi contributi e dei diversi stimoli provenienti da un dibattito difficile e complesso", per pensare troppo male. Dico "troppo" perché oltre a Maria Carmela conosco anche il campo sociologico italiano, e mi riesce difficile credere che all'improvviso in queste settimane questo campo si sia trasformato, e non sia quello che tutti noi purtroppo ben conosciamo (e che è stato da me descritto in un articolo di qualche tempo fa pubblicato sulla RIS e disponibile anche in questo blog). Del resto, il forum dell'Ais è testimonianza di quanto vivace sia stato il confronto in pubblico - possiamo immaginare che toni  e modi possa avere avuto in privato, nei corridoi dei dipartimenti, e per telefono. Insomma, i tempi sono stati stretti, e le pressioni sono state notevoli, da tutte le parti, e in tutti i sensi. Un lavoro e una fatica non da poco, quello che Maria Carmela si è sobbarcata, di cui dobbiamo tutti esserle grati. Ma i difetti di questo ranking sono sotto i nostri occhi, e vanno affrontati con determinazione, trasparenza, coraggio e anche senso della dignità professionale.

La nota di presentazione con cui il presidente Bruschi ha accompagnato la pubblicazione del ranking ci lascia ben sperare: "I criteri che sono stati utilizzati e che rendiamo pubblici, contestualmente al ranking che da essi deriva, debbono essere considerati la base di partenza per un ulteriore approfondimento al fine di giungere a una stesura finale dell’indice di rilevanza tale da costituire uno strumento stabile, valido e affidabile con cui aggiornare la classificazione delle riviste. Stiamo programmando le attività necessarie a tal fine, tra cui un secondo incontro da fare nell’ambito della nostra associazione, per individuare i processi virtuosi che ne possono scaturire e quelli viziosi che occorre prevenire e disinnescare." Un suggerimento al Presidente: prima di convocare questo nuovo incontro, provveda ad una revisione del ranking, al controllo delle stranezze più marchiane, alla correzione degli errori materiali (ci saranno anche quelli), e soprattutto all'espunzione di ciò che non avrebbe mai dovuto esserci. 

Intanto, come contributo alla discussione, e alla sua trasparenza, "Per la sociologia" ha deciso di pubblicare alcuni dei messaggi che tra sabato e domenica scorsi sono stati inviati a Maria Carmela Agodi, con Bruschi in Cc. Iniziamo da quelli di Filippo Barbera, di Mario Cardano, di Maurizio Pisati e del sottoscritto. Questi messaggi hanno avuto già risposta, che speriamo di poter pubblicare presto, se la loro autrice ci darà il consenso.

Marco Santoro

                                                                      * * *

Cara Maria Carmela (con Pisati, Santoro, Cardano, Negri e Ramella in Cc),


ho visto il ranking delle riviste, non so se è quello definitivo o se i GEV di area devono ancora esprimere il loro parere. Il risultato è complessivamente apprezzabile secondo me, anche se forse qualche sforzo in più per discriminare le AA poteva essere fatto. So che queste sono cose complesse e devono rispondere a pressioni pluralistiche, del resto. Alcuni diranno che in realtà si discrimina poco e spero davvero che questo sia un primo (difficile) passo verso una meta più ambiziosa.

Ho però una domanda: nella classe AA spicca per dissonanza reputazionale la rivista  Comunicazionepuntodoc. Se non sbaglio ne sono usciti solo 4 numeri di questa rivista e già ciò è un elemento peculiare che suggerirebbe molte cautele nel collocarla nella fascia AA.

La mia domanda è però un'altra: a questa rivista viene assegnato valore 1 (valore massimo) sulla dimensione "identità", che definite come:
DIMENSIONE 5:     nucleo identitario
La dimensione fa riferimento al fondamento identitario della rivista:
al suo essere programmaticamente espressione di un gruppo ristretto o, piuttosto, della
disciplina nel suo insieme.
Criterio: riferibilità a un Dipartimento, Istituto o Centro di ricerca, sezione AIS, tematica/approccio,
obiettivo specifico o rivolgersi e voler essere riferimento per tutta la sociologia italiana.
Indicatori:
1) riconducibilità a un Dipartimento, Istituto o Centro Dipartimentale o di Ateneo, a
un’Istituto di ricerca nazionale, identificazione con una tematica/approccio o con l’intera
disciplina e la sua circolazione/comunicazione.

La domanda è questa: l'elemento identitario "programmaticamente ristretto" è un valore positivo o negativo? Si possono avere idee diverse a riguardo e io personalmente penso che sia negativo (cioè tanto più la rivista è espressione di un gruppo di dipartimento o sezione e tanto minore dovrebbe essere il punteggio), ma questo è opinabile, forse.

Ma perchè la rivista Comunicazionepuntodoc, che è "progettata e realizzata dallacommunity di dottorandi, dottori di ricerca, ricercatori e docenti che fanno parte del Dottorato di Ricerca in Scienze della Comunicazione della Sapienza Università di Roma", ha valore 1 come la Rassegna italiana di sociologia che invece ha un board composito e non è espressione di un Dipartimento o istituto di ricerca? Come possono avere entrambe valore 1? Cosa succederebbe alla classifica se togliessimo questa dimensione che è davvero opinabile? (e perdipiù pare dare lo stesso valore a due riviste che stanno agli opposti estremi della dimensione "nucleo identitario"?)

Scusa la lunghezza della domanda, ma sono in partenza per NYC fino a sabato prossimo e non volevo attendere una settimana con questo dubbio.

un caro saluto
Filippo

                   * * *


Carissim* (aggiungo alla lista dei destinatari anche il presidente della nostra associazione),

concordo con le ragioni addotte da Filippo sulle perplessità della collocazione di una rivista, che forse pochi conoscono (io personalmente ne apprendo l'esistenza solo ora). In Publish or Perish, inserendo nel campo Jounal Impact la stringa "comunicazionepuntodoc", non si ottiene alcuna statistica: nella banca dati di Google Scholar quella rivista sembra non esistere.

Personalmente ho qualche riserva sulla scelta delle componenti principali come strumento di riduzione della dimensione dello spazio di attributi. L'ACP, come noto, si ripropone di massimizzare la varianza estratta e non  già di riprodurre la matrice di correlazione originaria, inserendo un vincolo più robusto sul piano ontologico all'estrazione dei fattori (in senso stretto, non già componenti). Con un'analisi fattoriale Minres o di massima verosimiglianza mi sarei sentito più tranquillo. Devo comunque riconoscere che questo non è il mio "campo" e che forse altri - più competenti - possono entrare nel merito. Resta il fatto che, quale che sia la procedura statistica impiegata per generare una classificazione, l'esito di questa procedura debba essere valutata su di un piano sostantivo. Occorre poter disporre di buone ragioni - non contestabili - per difenderne la fondatezza dei risultati cui si perviene, per poter sostenere di aver misurato con misura. Aggiungo che la questione è estremamente rilevante per le implicazioni che possono derivare per la nostra piccola, ma estremamente rissosa comunità scientifica.

Penso sia fondamentale rilasciare una proposta che raccolga il massimo dei consensi. Ovviamente non mi attendo che tutti i direttori delle riviste debbano essere d'accordo sulla collocazione puntuale nella graduatoria, ma che riconoscano la fascia attribuita alla propria testata appropriata e, possano riconoscere la medesima misura nelle altre testate.

Comunicazionepuntodoc è sicuramente una ottima new-entry, diamole il tempo di farsi conoscere un po' di più, di mostrare il suo valore, per collocarla poi in fascia AA, anche in cima alla graduatoria, ma, allo stato attuale, mi sembra davvero inopportuno.

Un caro saluto
Mario Cardano
                                                                            * * *

Condivido pienamente le perplessità di Barbera e Cardano. Non solo: credo che l'esercizio di ranking delle riviste realizzato dall'AIS, per quanto apprezzabile nelle intenzioni, rappresenti un esempio di scientometria sui generis fondato su assunti evanescenti e su una serie di misure che -- indice H medio a parte -- presentano tre limiti fondamentali:

(a) Si basano su autodichiarazioni (spesso incontrollabili) dei direttori delle riviste, manipolabili a piacere.
(b) Rappresentano dimensioni che hanno punto o poco a che fare con la qualità scientifica di una rivista.
(c) Talvolta sono operativizzate in modo bizzarro.

Per quanto riguarda, ad esempio, il punto (b), mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse cosa hanno a che fare con la qualità scientifica di una rivista il suo "grado di istituzionalizzazione" o il suo "focus identitario". Per quanto riguarda il punto (c) -- e sempre per fare solo un esempio -- che senso ha che una rivista come Sociologica abbia punteggio 0 sull'indice "distribuzione commerciale"? Proprio per il suo carattere di rivista esclusivamente online (e, almeno per ora, ad accesso gratuito), rispetto ai due indicatori che formano questo indice Sociologica dovrebbe avere il massimo: è pienamente accessibile sia in Italia che all'estero, e i dati dell'editore sui lettori della rivista lo mostrano con chiarezza.

Un paio di altre osservazioni in ordine sparso:
(a) La rivista "In-formazione" (a me totalmente sconosciuta) raggiunge, rispetto alla dimensione "Rigore nel referaggio", il punteggio massimo di 0.7. La RIS, tanto per fare un facile paragone, totalizza solo 0.47. Polis, la rivista che attualmente dirigo, fa meglio e arriva a 0.57. E' possibile conoscere il segreto di "In-formazione", in modo tale che anche le altre riviste possano assumerlo a esempio e possano aspirare al massimo rigore possibile?
(b) Anche ammettendo che le sei dimensioni individuate siano tutte rilevanti, credo sia abbastanza evidente che non tutte hanno lo stesso "peso" nel definire la qualità scientifica di una rivista (per me, ad esempio, quattro di queste dimensioni hanno peso 0). L'"indice di rilevanza" complessivo, invece, è una mera media aritmetica dei sei indici prescelti. Come minimo, una scelta del genere andrebbe giustificata su basi razionali, come sempre si cerca di fare nella scienza.

Per concludere, purtroppo questa faccenda del ranking delle riviste rappresenta --  almeno ai miei occhi -- l'ennesimo segno di inadeguatezza dell'AIS rispetto ai propri compiti istituzionali. Fare un ranking delle riviste scientifiche è sempre, senza dubbio, un'operazione che presenta difficoltà di varia natura. Alcuni di noi hanno fatto una proposta precisa che, per quanto discutibile e migliorabile, aveva il duplice pregio di essere trasparente e di facile realizzazione. La proposta dell'AIS, invece, si basa in buona parte su criteri dubbi o infondati e presenta diverse zone d'ombra. Tuttavia, ammetto che possiede un pregio: la sua definizione della fascia AA incarna in modo eccellente quel principio "todos caballeros" che governa da tempo la nostra comunità professionale. Plus ça change... Così è, se ci pare.

Cordiali saluti,
Maurizio Pisati

                                                                       * * *

Cara Maria Carmela,

ti sarei grato se potessi "scomodare i risultati di anni di Science & Technology Studies" per dirmi quale giustificazione possa avere l'indice distribuzione commerciale nella valutazione di una rivista scientifica. 

Tra l'altro, se posso, distribuzione commerciale non è sinonimo di distribuzione a pagamento (se vuoi ti scomodo i risultati di anni di studi in Sociologia economica, e dei consumi in particolare): Sociologica è distribuita tramite i canali commerciali della casa editrice il Mulino, e in particolare tramite la piattaforma "Rivisteweb", oltre che promossa dagli stessi canali pubblicitari di tutte le altre riviste dell'editore (cataloghi). Dopo di ché, l'editore commerciale il Mulino ha ritenuto, per il valore scientifico della rivista e per il livello di innovazione del progetto, di metterla a disposizione gratuitamente almeno per i primi anni di vita. Una strategia peraltro commerciale, come ogni sociologo che si rispetti non può non comprendere. 

Ti invito a consultare il sito del mulino, e in particolare:

Resto comunque in attesa della tua argomentazione. Per darti una mano ti dico questo: la scienza è un'arena di conflitto, e si usano le armi di cui si dispone per cercare di tenere a bada gli avversari. Siccome Sociologica è una rivista nata solo nel 2007 e pubblicata da un editore che viene ritenuto - "malauguratamente" - espressione di una parte della comunità, bisognava inventarsi l'assurdo della distribuzione commerciale per tenere a bada il suo punteggio, altrimenti eccessivo.

Come intuirai ho citato un tuo passaggio, in cui vedo che ancora una volta vuoi non capire davvero il senso delle affermazioni fatte: nessuno ha detto (benché lo possa pensare) che Sociologia e ricerca sociale è rivista espressione di una componente. Ho detto e ripeto che Sociologia e ricerca sociale, come Studi di Sociologia e  molte altre riviste inclusa probabilmente la RIS e Polis e SeM, sono percepite come riviste di componente e trattate come tali. Cosa non sorprendente visto che TUTTO o quasi tutto nella sociologia italiana è percepito in questi termini, ahimè, e non certo per colpa di chi lo sostiene. Non so se avete dati che possano sconfessare questa mia tesi. Se ne avete vi prego di comunicarmeli. Perché sarebbero una vera e grande novità.

Per il resto, cara Maria Carmela, temo proprio che l'aver inserito in AA una rivista ignota (e non solo a te, te lo garantisco) come quella diretta da Morcellini sia davvero la classica scivolata sulla buccia di banana che francamente avreste potuto evitarvi, dico nel vostro interesse: perché è il segnale più smaccato ed evidente del fatto che questo ranking è stato pilotato in ultima analisi da una componente. Come purtroppo molti temevano, conoscendo il modo di funzionamento di questa nostra povera disciplina. Spero sia chiaro che le obiezioni che ti/vi sono state rivolte non sono motivate da banali interessi di bottega (siamo tutti in AA, non abbiamo nulla da guadagnare) ma da ragioni di principio e di serietà intellettuale. E - più di ogni alta cosa - dal desiderio di salvaguardare la dignità della sociologia italiana. Quella stessa dignità che purtroppo l'Ais sembra incapace di, o impossibilitata a, promuovere e difendere.

ciao
marco


Di seguito la risposta di Maria Carmela Agodi al messaggio di Barbera (in attesa di avere liberatoria anche per le altre risposte)



Caro Filippo, ringrazio per gli apprezzamenti e vengo subito ai problemi.
La scelta degli indicatori non è stata facile ma si è cercato di renderla argomentabile, sia sulla base delle preferenze sui criteri di valutazione espresse dalle stesse riviste che della finalità del ranking che si doveva ottenere, limitandola inoltre il più possibile a indicatori che esprimessero fatti o pratiche e non opinioni. Quello che metti in questione è l'unico indicatore rimasto in cui c'è una parte di soggettività nella espressione della risposta. L'intento dell'indicatore è proprio quello che anche tu hai inteso: la rivista di un Dipartimento ha un punteggio inferiore a quello di una rivista di una sezione AIS e questa ce l'ha inferiore a quello di una rivista che si ritiene espressione "della comunità scientifica dei sociologi italiani" nel suo insieme. La risposta esprime ciò che la redazione o il Direttore ritiene essere l'identità e la "mission" della rivista e i "controlli" sono limitati solo al fatto che se- ad esempio - dai dati presenti sul sito la rivista risulta essere tutta interna a un Dipartimento, compreso comitato scientifico e autori dei contributi, non vengono ritenute "fedeli" risposte che la considerano espressione di tutta la sociologia italiana.
Tengo a esplicitare che questo indicatore è sopravvissuto a vari controlli. Altri indicatori, in un primo tempo ritenuti utili, quali la composizione del Comitato scientifico, sono stati invece scartati proprio perché si sono riscontrate risposte che risultavano "infedeli" a un controllo sul sito delle riviste e non facilmente correggibili, dal momento che gli stessi controlli non erano effettuabili su tutte le riviste nel breve tempo disponibile. Altri ancora sono stati scartati perché contavano troppi missing.
Entrando nel merito del punteggio attribuito alla rivista che ti sembra fuori posto nel ranking, ho letto anch'io sul suo sito la frase che riporti tra virgolette, ma la risposta sul questionario datami dalla redazione fa riferimento a una interpretazione più ampia dell'identità e della mission della rivista (che peraltro non conoscevo, ma evidentemente per mio difetto), che mi è parsa intelligentemente innovativa nel panorama italiano, in direzione non lontana da quella per cui, ad esempio, abbiamo salutato come innovazioni interessanti riviste quali Sociologica e Tecnoscienza (programmaticamente aperte a contributi di giovani, anche provocatori rispetto al mainstream; con sguardo internazionale; con presenza di interviste e contributi "a caldo" accanto si saggi; con dibattiti su temi controversi e attuali, ecc.). Guarda caso, poi, tale risposta suona molto simile a quella ricevuta dalla redazione della RIS, che tu contrapponi, sotto questo rispetto, a Comunicazionepuntodoc. La RIS risponde che la rivista è espressione "della comunità scientifica dei sociologi italiani". Comunicazionepuntodoc risponde che la rivista è espressione "della comunità scientifica di comunicazione e scienze sociali e la sua mission è il coinvolgimento attivo di dottorandi e dottori di ricerca delle aree di comunicazione e scienze sociali degli Atenei italiani, che possono contribuire ai contenuti con propri articoli". Andando a vedere meglio sul sito della rivista, trovi che è stata progettata e realizzata dalla community della Scuola di Dottorato Mediatrends (non un Dipartimento o un Dottorato) per coinvolgere le aree di studio e di ricerca e in particolare dottorandi e dottori di ricerca di scienze sociali e comunicazione di tutti gli Atenei italiani, proprio come riportato nel questionario. Non mi sembrava corretto, dunque, ridurla a espressione di un Dottorato o Dipartimento: non ospita solo contributi di Dottori di ricerca o dottorandi; non ha un Comitato scientifico solo romano, ma conta su presenze internazionali; coinvolge esperti esterni nel referaggio; ha un numero di abbonamenti istituzionali notevole, segno che è presente nelle biblioteche di diversi Atenei e Istituti di ricerca; ha un'apertura a problematiche esterne al mero contesto italiano...

Il punteggio assegnato sull'indicatore può certo essere opinabile, ma lo è quanto quello (identico, sì) assegnato alla Rassegna di Sociologia o a Sociologia e ricerca sociale, che si autodefiniscono espressione di tutta la sociologia italiana nonostante qualcuno ripeta, come malauguratamente ricorderai è accaduto ancora di recente proprio discutendo di riviste, che esse sono percepite come espressione di due diverse componenti della sociologia italiana. Io ritengo importante dare significato a ciò che esse percepiscono come la propria identità e fare poi in modo che siano i comportamenti successivi a modificare questa percezione. Il ranking ripetuto serve proprio a fare questi riscontri o non serve: se la RIS o SeRS rifiuteranno contributi per motivi che possano essere ricondotti alla loro affiliazione a una componente o se Comunicazionepuntodoc rifiuterà contributi per motivi riconducibili alla non afferenza o compatibilittà con la Scuola Mediatrends, il Direttivo in carica impegna l'AIS a esaminare i casi controversi che le vengano sottoposti e a declassare, ove le recriminazioni risultassero fondate, le riviste nel ranking. Abbiamo Soci onorari di indubbia reputazione e un Consiglio dei saggi cui questo compito può essere affidato e da cui ci si può aspettare possa essere responsabilmente svolto.
E direi che questa è una novità.

Se, d'altra parte, la reputazione cui ti appelli per identificare l'anomalia fosse un criterio condiviso in assoluto, non avremmo avuto bisogno di tanto lavoro per costruire un ranking condivisibile.
Quello ottenuto è, evidentemente. solo un punto di partenza e l'attenzione dovrà essere ora, da parte di tutti, centrata sull'obiettivo di disinnescare circoli viziosi ed innescarne di virtuosi, nella direzione, tra l'altro, di impegnare le riviste a migliorare i propri risultati in termini di qualità dei contributi proposti. Se davvero l'ANVUR valuterà i saggi pubblicati, giustificandone valutazioni contrastanti da quelle attese sulla base del posizionamento nel ranking delle riviste su cui sono stati pubblicati, potremo usare i risultati di tale valutazione come un ulteriore indicatore (reso disponibile proprio dalla procedura di valutazione) da aggiungere a quelli già usati per il posizionamento delle riviste, coinvolgendo l'intera comunità disciplinare in un processo di maggiore attenzione alla qualità piuttosto che alla mera diffusione e circolazione dei prodotti editoriali.
Spero di questi sviluppi si possa parlare in una prossima riunione con e su le riviste, che il Direttivo AIS ha intenzione di organizzare, riportando non solo il ranking, ma i risultati complessivi dell'indagine sulle riviste, che meritano di essere restituiti in
una forma più estesa.

E' con questo spirito che ho condiviso con il Direttivo AIS questo lavoro, condotto in tempi troppo brevi e con il materiale da elaborare che continuava ad arrivare in corso d’opera sino all’ultimo, ed è con questo auspicio che intendiamo consegnarlo alla comunità disciplinare.


Un caro saluto e buona permanenza a NYC,
Maria Carmela

















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