domenica 4 novembre 2012

L'ultima occasione

Non conosco personalmente i commissari del concorso di Chieti. Non conosco personalmente Alessandro Orsini. Ci siamo solo scambiati delle mail dopo che la sua vicenda è diventata nota. Non so chi siano i Probiviri dell’Ais. Sono solo un iscritto, da molti anni, di questa Associazione.

La vicenda

La vicenda, in estrema sintesi, è la seguente: si tiene un concorso con un suo esito; uno dei candidati fa ricorso al TAR; quest’ultimo organo da ragione al ricorrente, sottolineando l’esistenza di una precisa irregolarità; che peraltro uno dei commissari (in una recente lettera) sostiene essere molto grave; infine, con in mano la sentenza, Orsini chiede all’AIS che il comportamento dei commissari venga stigmatizzato, affinché non si ripetano più irregolarità come queste.

La reazione

A questo punto mi sarei aspettato che i commissari rispondessero pubblicamente alle prese di posizione di Orsini, difendendo il loro operato (i giudici possono sempre sbagliare), argomentando le loro posizioni, facendo anche gesti eclatanti (come ad es. le dimissioni che in questi giorni hanno dato i membri della commissione Grandi Rischi) convinti di aver operato nel rispetto del loro mandato e in modo etico, non accettando (moralmente) una sentenza a loro parere ingiusta.
Invece tutto questo (per quanto ne so) non è avvenuto. E accaduto dell’altro: una lettera collettiva di solidarietà ai commissari fatta da alcuni colleghi; una presa di posizione della coordinatrice della sezione di sociologia politica della sezione dell’AIS, e di tutti gli ordinari che compongono il comitato scientifico della sezione. Ma i diretti interessati non sono intervenuti.  Che senso ha tutto questo? Perché entrano in questa vicenda attori che non ne hanno fatto parte? Perché si preferisce la polarizzazione (a favore oppure contro) anziché la riflessione?

Il sistema del reclutamento

L’impressone è che, ancora una volta, non si voglia affrontare il delicato e complesso argomento del reclutamento universitario. Da più parti si ritiene che il sistema dei concorsi sia inadeguato, però non si fa nulla per chiederne il superamento. E quindi si preferiscono le scorciatoie, gli accordi sottobanco, i veti incrociati ecc. per eludere una legge dello Stato (il sistema concorsuale) considerata inadeguata.

Tuttavia le leggi vanno sempre rispettate; e non solo quando fa comodo. Se il sistema dei concorsi (come previsto dalla legge) è considerato ingiusto, allora lo si combatta apertamente e si disobbedisca pubblicamente.

Invece si preferisce agire dietro la legge, giustificandosi con teorie sul reclutamento (anche plausibili) come la cooptazione. Tuttavia la cooptazione non esiste nell’ordinamento italiano e non esiste nemmeno in quei Paesi che additiamo sempre come esempi da seguire, come US e UK: lì i dipartimenti fanno bandi pubblici con l’obiettivo di cercare NUOVE persone, non infilare i propri cooptati. Altrimenti, visto che lì non esistono i concorsi, il gioco delle cooptazioni non avrebbe ostacoli.

Agire

In tempi recenti i ricorsi al TAR cominciano ad affacciarsi anche nella nostra disciplina (es. Chieti, Cagliari ecc). Ci sono persone che, esponendosi personalmente, non accettano più questo modus operandi. Non accettano che i vincitori dei concorsi siano già decisi prima che il concorso abbia luogo; che per vincere un concorso bisogna avere forzatamente una casacca, un’appartenenza identitaria.

Di fronte a queste persone ci sono almeno due strade:

1) isolarle, stigmatizzarle, minacciarle, promettere vendetta su concorsi futuri  Questi comportamenti, che sono avvenuti nei confronti di Orsini, sono indegni di una qualsiasi comunità, tantomeno scientifica;
2) iniziare (o continuare) una riflessione collettiva, che abbia l’obiettivo di superare il passato e di auto-riformarsi, senza dover aspettare (o sperare nel) l’intervento della magistratura.

L’AIS

L’AIS ha il dovere di guidare questa auto-riforma etica del modello di reclutamento. Il fatto che persone di grande profilo intellettuale come Chiara Saraceno che, all’interno di un’assunzione di responsabilità, decidano di uscire pubblicamente dall’AIS è un grave segnale, che toglie sempre più credibilità all’AIS stessa.

Facciamo che la vicenda Orsini non sia l’ennesima occasione perduta.


                                                                                                  Giampietro Gobo

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