lunedì 18 luglio 2011

A proposito del “Dibattito sulla sociologia italiana”






Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, 1338-1339.


Abbiamo accolto con favore la lettera aperta ai soci che il Presidente e il Direttivo dell’AIS hanno reso pubblica il 12 luglio. La lettera coglie, infatti, chiaramente alcuni dei motivi essenziali dell’iniziativa che alcuni di noi hanno avviato nei mesi scorsi e che ora ha trovato una sede stabile nel blog “Per la sociologia”. Ancora più importante, la lettera riconosce che la nostra discussione è il segno di una sana vitalità “a prescindere dai toni, dalle diagnosi e dalle cure prospettate su cui ciascuno può avere una differente opinione”.

Crediamo anche noi che l’AIS possa essere, in questa fase, uno strumento per sollecitare in tutta la comunità sociologica la discussione dei temi che sono dibattuti in particolare nel Forum Treccani e nel blog “Per la sociologia” (e nella mailing list che l’ha immediatamente preceduto), e non possiamo dunque che condividere lo spirito di “responsabile apertura” che anima la lettera.
Ci troviamo ugualmente in linea con l’esigenza di sviluppare la discussione su temi specifici, mantenendo peraltro ferma l’idea che le soluzioni eventuali dovranno considerare l’insieme degli elementi (istituzionali, organizzativi, culturali e professionali) che bloccano la nostra comunità scientifica in equilibri sub-ottimali favorendo se non imponendo logiche di azione che sono nocive per la vitalità e la qualità della disciplina.
A questo proposito, riteniamo opportuno ribadire alcuni argomenti che, già avanzati nel corso del dibattito, ci sembra non siano ancora stati sufficientemente recepiti o compresi. Siamo ben consapevoli che: “Qualsiasi collettività, dotata di più di tre membri (solo gli iscritti all’AIS sono circa ottocento), tende ad organizzarsi in coalizioni, come la teoria dei giochi insegna. Queste coalizioni possono avere fini nobili o aberranti, essere fisse o stabili, ma difficilmente sono eliminabili quando si chiedano decisioni collettive”. Il punto non è però, e non è mai stato, l’esistenza di coalizioni, ma l’esistenza di queste coalizioni, cioè delle cosiddette “componenti”: organizzazioni autoreferenziali sostanzialmente prive di legittimazione intellettuale; capaci di promuovere se non incentivare sfiducia tra colleghi ma incapaci di valorizzare e sostenere le collaborazioni che fortunatamente talvolta si creano a livello locale tra studiosi e studiose di appartenenza diversa; organizzazioni, soprattutto, che nella loro ormai lunga vita (più che trentennale) non sono state in grado di consolidare regole di valutazione e selezione all’altezza delle sfide che la comunità sociologica, come tutte le comunità scientifiche, deve saper affrontare, oggi ancor più di ieri. Come sociologi, la distinzione tra le “componenti” e altre forme di “coalizione” non dovrebbe sfuggirci: sappiamo bene che le organizzazioni non sono tutte uguali, e che possono essere più o meno adeguate al raggiungimento degli scopi che si prefiggono. Alcune, poi, sono tali da innescare logiche ed effetti perversi, effetti cioè esattamente contrari a quelli che (si dice) si vorrebbero conseguire.
Ciò che noi auspichiamo non è dunque la scomparsa di corpi collettivi ma una loro diversa costituzione e organizzazione – che sia sotto forma di “scuole” o anche di aggregazioni intellettuali e accademiche temporanee, difficilmente eliminabili dalla struttura sociale della sociologia come di qualunque altra disciplina – e quindi una differente fonte di legittimazione e soprattutto una loro migliore integrazione all’insegna di una politica della scienza che non sia basata esclusivamente sui rapporti di forza, sulle convenienze (e connivenze) concorsuali e sulle reti verticali e gerarchiche che attualmente le animano, ma sia al contrario finalizzata alla promozione di qualità scientifica e di pratiche (di comunicazione, di valutazione, di valorizzazione, di promozione, di reclutamento) adeguate a una comunità scientifica.
Ciò che chiediamo a questo punto all’AIS – ai suoi soci ma soprattutto ai suoi organi direttivi – è un’azione chiara e forte in questa direzione: un’azione che la renderebbe finalmente un’associazione professionale credibile e funzionale, capace di costruire e consolidare un’identità collettiva professionale, e di difendere la dignità (l’onore, direbbe Weber) della disciplina sociologica nelle occasioni, purtroppo non rare, in cui questa viene lesa – sia fuori che dentro la disciplina stessa.
Crediamo comunque che il dibattito in corso abbia già ampiamente chiarito come un’azione di seria riforma debba necessariamente agire su una pluralità di leve e meccanismi, e che sarebbe improduttivo additare le componenti come l’unico problema della nostra comunità scientifica – per quanto crediamo che l’esistenza di queste organizzazioni e delle loro logiche d’azione spesso acuisca, anziché alleviare, sia i complessi problemi direttamente connessi al mutevole contesto accademico e alla miope politica della ricerca nazionale, di cui la sociologia come altre discipline soffre, sia le stesse incertezze di statuto scientifico che derivano alla sociologia dalla sua particolare natura di scienza sociale.
Certamente, infine, concordiamo con l’idea che “la discussione dovrebbe vertere sulle soluzioni e i rimedi possibili. Non è difficile criticare situazioni che lo meritano ampiamente, difficile è costruire alternative che siano realmente migliorative. Dobbiamo focalizzare l’attenzione su proposte fattibili ed efficaci basate su regole che promuovano, se non costringano, a comportamenti virtuosi. Alla diagnosi deve pur seguire una terapia”. È proprio questo il nostro obiettivo! Alla discussione e individuazione di soluzioni e rimedi possibili sarà infatti dedicato l’incontro di Bologna che stiamo organizzando, impegnandoci comunque a contribuire attivamente e in modo costruttivo al dibattito che l’AIS intende autonomamente promuovere a riguardo.

Sociologi “Per la sociologia”

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