mercoledì 13 luglio 2011

Requisiti minimi?

Il dibattito sembra essere intenso e sopratutto non accenna a scemare, nonostante il caldo. questo già mi sembra un buon risultato. Per farlo andare avanti, credo sia importante - lo hanno già detto altri, in ultimo Pellizzoni - distinguere meglio due livelli del tutto diversi che convivono (e talvolta vengono confusi) . Il primo è il problema dei concorsi e della qualità dei loro esiti (che trovo fondamentale e importante), il secondo è l'Ais e la forma organizzativa della sociologia italiana (dibattito che trovo invece dubbio e talvolta stucchevole). Cerco brevemente di argomentare una semplice proposta sul primo punto, e di spiegare perché trovo il secondo poco interessante (il che non vuol dire sbagliato, ma solo magnificato oltre ogni proporzione).





Concorsi
Ci sono, e gli esiti sono spesso criticabili. Non so se sia perché ci sono le componenti, e nemmeno se in loro assenza sarebbe peggio (le componenti mi sembrano infatti sopratutto federazioni di poteri locali, dove i centri operano come mediatori ma non come comandanti). Né dovremmo dimenticare che altre discipline delle scienze sociali - che non sono organizzate in componenti - risentono in Italia assai più fortemente dei poteri locali o addirittura del potere di singoli individui, con risultati non necessariamente migliori.
Che sia ora di cambiare mi sembra chiaro: ma non facciamoci il viaggio che l'unico esito possibile siano le magnifiche sorti e progressive di una comunità orientata solo al merito. E' possibile che molte sedi, senza le componenti, farebbero oggi scelte peggiori e non migliori come la qualità dei concorsi per ricercatore, dove le componenti giocano un ruolo minore rispetto agli altri, sembrerebbe dimostrare. Aggiungo che non facilitiamo la comprensione dipingendo le componenti come l'impero del male: io nella mia vita ho lavorato con molte persone di diverse componenti, senza che la cosa sollevasse, nelle persone intelligenti, alcun problema. Né sono mai stato represso o punito perché lo facevo o perché non le mandavo a dire: ci vuole semplicemente un minimo di coraggio, o semplicemente di indifferenza, e quello naturalmente se uno non ce l'ha nessuna riforma dell'Ais potrà mai darglielo. Non esistono sistemi così perfetti da non richiedere agli esseri umani di essere buoni.
Pubblicità dei curriculum e discussioni pubbliche dei titoli in qualche nuova associazione mi sembrano inoltre richieste un pò bizzarre e quasi buffe. Tutto qui? Oltre al fatto che una componente i CV li rende già pubblici, perché far finta di ignorare che esiste un attrezzo che si chiama Google Scholar e un altro, assai più utile e rapido, che si chiama publish or perish (http://www.harzing.com/pop.htm)? Sono ambedue persino gratis...e sono assai utili per valutarsi, prima ancora che per valutare gli altri. Se non si usa quello che si può scaricare sul desktop in un secondo, cosa cambierebbe se un'associazione raccogliesse i CV?
Per come lo vedo io, il problema dei concorsi è molto più semplice, e ha a che fare con le soglie minime, non con le soglie massime.
Non credo esistano - in generale e nella nostra disciplina - criteri massimi (capaci di stabilire chi è più meritevole, one best way) e sarebbe bene, credo, non provarci nemmeno. In una disciplina frammentata come la nostra, sarebbe solo la gara a chi è più fanatico o, al contrario, così incolore da andare bene a tutti. Meglio puntare su robusti criteri minimi. Ed è qui che è il problema, non nelle componenti in quanto tali. Il fatto è che le commissioni operano in mancanza di criteri minimi, e quelli attualmente proposti per l'area 14 (che consiglio a tutti di leggere) solo del tutto laschi e provinciali, onestamente una pezza peggiore del buco. Diciamo la verità, la bandiera della vergogna disciplinare, che condividiamo coi politologi, non sono le componenti, è il recente documento sui criteri minimi.
Se si vuole davvero mobilitarsi, come sembra, io proporrei una cosa molto semplice (e che ha il pregio di non prevedere alcuna riunione e alcun dibattito ambedue cose alle quali sono piuttosto allergico).
Si fa un sito, e tutti coloro che vogliono si impegnano formalmente e pubblicamente come individui e come commissari (reali o potenziali) a:
- non votare mai a favore di un candidato a una borsa post-doc che non abbia un articolo pubblicato/accettato da una rivista internazionale referata [e chiariamo meglio Non italiana]; a non votare mai a favore di un ricercatore a TD che non ne abbia almeno 3; a non votare mai per una candidato alla seconda fascia che non ne abbia almeno 6; a non votare mai per un candidato alla prima fascia che non ne abbia almeno 9. Monografie italiche, didattica, preferenze teoriche e metodologiche, temi di ricerca, previa presenza sul posto, etc. etc. vengono presi in considerazione solo per i candidati che siano superiori a tali soglie.
- a chiedere di non assegnare borsa post-doc/posto a TD/seconda/prima fascia qualora nessuno dei candidati rispetti le soglie precedenti;
- a mettere a verbale i motivi del proprio dissenso tutte le volte che la prima e la seconda circostanza non si verifichino;
Questa iniziativa avrebbe almeno sei vantaggi:
(a) è una norma che si sottoscrive sul proprio onore, a titolo personale e del quale si è responsabili col proprio onore;
(b) non richiede una maggioranza alla partenza, ma può crescere col tempo;
(c) è facilmente monitorabile (cosa che la sociologia ci insegna è piuttosto importante quando si parla di norme);
(d) lascia liberi i commissari di esercitare la propria legittima libertà personale nel valutare il merito dei candidati all'interno di rose tutte decenti e tutte presentabili (nessuno dei casi attualmente discussi - e i molti casi, ad opera di tutte le componenti, che meriterebbero discussione) si sarebbe mai dato se queste regole fossero state applicate da un numero sufficiente di commissari).
(e) non richiede alcun cambiamento legislativo;
(f) Last but not least, adottare tale semplice impegno consentirebbe ad alcuni degli attuali indignatos di chiedersi riflessivamente se nell'attaccare componenti e concorsi non farebbero meglio a partire da una revisione più realistica delle proprie biografie pubbliche. Cosa che farebbe bene alla serenità del dibattito iniziato, e forse anche alle loro vite.
Forme associative
Che l'Ais sia lo Spectre delle componenti ho difficoltà a crederlo. Conosco almeno una decina di colleghi che hanno fatto tutta la loro carriera - in alcuni casi assai veloce - senza mettere piedi in un convegno dell'Ais neanche per qualche minuto. Difficile credere che qualcuno di noi ignori che un forte legame con un barone locale è - nelle attuali condizioni - assai più importante per la propria carriera di qualunque coinvolgimento associativo. E non credo che le componenti abbiano bisogno del convegno annuale per stabilire i loro accordi. Prendersela con le componenti forse è solo la strada più facile, se non altro ci esime dal chiedere conto alle persone in carne ed ossa, quasi sempre nelle sedi locali, che hanno fatto e fanno certe scelte (incluso quelle di reclutare o promuovere noi stessi, talvolta).
L'AIS ha dei difetti? può essere. Essi dipendono dall'esistenza delle componenti? Non ne sono sicuro. Credo risenta più banalmente del fatto che l'Italia non ha una densità morale sufficiente per sostenere un'associazione generica 'di sociologi' nelle attuali condizioni di specializzazione. Il punto forse dirimente è: i tanti dibattiti sullo statuto epistemologico/metodologico/professionale proposti in questi giorni (e che mi scaldano assai poco) hanno senso su scala italiana? Nei campi in cui lavoro, e sono campi tra i più larghi, la platea competente potenziale per un mio paper sarebbe nel caso migliore di 10/15 persone. Li conosco già, e l'email e il telefono sono mezzi assai più efficienti di comunicare rispetto al vedersi in qualche sessione di convegno italiano. Non a caso, gli esempi virtuosi sin qui avanzati dai partecipanti al dibattito sono sempre di piccoli gruppi di persone uniti da interessi di ricerca specializzati. Ha senso continuare a ragionare nei termini di un'associazione nazionale generalista, quando i low-cost mi consentono di spendere di meno per andare a un convegno internazionale di quanto spenderemmo per un albergo italiano? quando skype mi consente di parlare quanto vogliamo coi miei colleghi di altri paesi? E quando il migliore dei miei articoli in italiano viene letto da meno persone del mio peggiore articolo in inglese? Tutto questo, con le componenti non c'entra proprio. C'entra con la situazione italiana - che non può contare su platee post-coloniali come gli inglesi i francesi e gli spagnoli, sulla solida economia tedesca o sulla funzione di reparto R&D del welfare come in scandinavia - e con l'esistenza di altri modi di confrontarsi scientificamente. Non lodo queste ultime a prescindere - come il disgustoso refrain 'giovani che pubblica all'estero' fa - le sessioni di ESA e ISA ad esempio sono spesso di qualità assai incerta) che hanno almeno la possibilità di platee sufficienti a fare qualcosa di diverso dalla vetrina dei nostri ego. Certo, l'Ais è migliorabile e questa è una strada legittimamente proposta da alcuni. Oppure si può sempre fare, come altri partecipanti auspicano, un'altra associazione.E' semplice, chi è interessato va dal notaio, raccoglie le quote associative e parte, e poi chi ha più filo tesse più tela. Ma ambedue le opzioni si scontrano coi limiti ecologici che ho sottolineato, e che credo tutti noi conosciamo bene. Eviterei di dare a queste azioni un carattere palingenetico.
Giuseppe Sciortino (Università di Trento)

* * *

Il messaggio di Giuseppe Sciortino è troppo in linea con la mia posizione, per non appoggiarlo con ulteriori argomentazioni, comunque brevi.
1. Concorsi
benchè debba fare parte della nostra deontologia professionale il perseguimento e riconoscimento del merito, non possiamo illuderci di avere la stessa visione e di condividere gli stessi parametri, semplicemente perchè la sociologia non è come l'economia, la medicina o la demografia. Quello che a breve le nuove regole dell'abilitazione nazionale ci imporranno è invece una qualche condivisione di criteri minimi, altrimenti, come in passato (nessuno di voi ricorda gli anni '80 con i famosi concorsi di idoneità) si creeranno dinamiche di gioco che porteranno l'esito del "todos caballeros".
Dovendomi occupare ormai da molti anni dei meccanismi di elezione per una componente, sono stato tentato diverse volte di rinunciare, dichiarando pubblicamente che avrei adottato criteri del tipo proposto da Sciortino (non proprio esattamente quelli, ma credo che lui abbia voluto proporre soprattutto un esempio, per capirsi), per cui, chiunque mi avesse voluto eleggere, sarebbe stato preliminarmente avvisato. Questo sistema mi piaceva perchè avrebbe avuto per me esiti win/win: darmi assoluta libertà di giudizio nel caso di elezione in commissione, essere lasciato finalmente in pace in caso nessuno volesse avere in commissione un rompiscatole. Poi, siccome il disarmo unilaterale è autolesionista, ritenendo giusto favorire la cattedra anche a qualcuno di voi che se l'è meritata, ho continuato a fare la guardia al bidone, in attesa che qualcuno prendesse il mio posto con finalità altrettanto disinteressate (mi sono occupato di elezioni dal 2003 e ho partecipato a tante valutazioni, ma sfido chiunque a trovare tra i vincitori un "mio allievo", come si dice). Ora l'attivazione del sistema di abilitazione e il vostro dibattito mi danno speranza, purchè le due cose vengano preparate bene e studiate attentamente nelle loro conseguenze.
2. Forme associative
Forse a qualcuno è sfuggito che oltre all'AIS, in Italia esistono già altre associazioni accademiche di sociologi, appunto l'associazione "Sociologia per la persona" e AIS3, ciascuna con i suoi organi, le cariche, il sito, ecc... All'apparenza "Very, very time consuming", vogliamo metterci in concorrenza? Bisognerebbe rimboccarsi le maniche e magari trascurare frequentazioni accademiche certamente più gratificanti, come diversi di noi hanno in ambito internazionale. La contro-obiezione più volte richiamata è la seguente: "sì, ma dobbiamo offrire un forum ai giovani". A parte l'AIS e certo non le due citate associazioni, penso che dobbiamo impegnare i giovani a frequentare le tante associazioni accademiche internazionali che conosciamo.
3. Componenti (argomento aggiuntivo rispetto alla mail di Sciortino)
Il dibattito è partito al grido "abbasso le componenti", "aboliamo le componenti". Non voglio qui riprendere la problematicità di questo "grido di dolore e di rivolta". Purtroppo, per come vanno tutt'ora le cose, temo che molti di voi rischierebbero di perdere qualcosa d'altro, oltre alle loro catene. Mi limito a ricordare che tentativi di abolire le componenti ci sono stati ormai tanti anni fa, come emerge dall'allegato, che testimonia anche gli sforzi meritevoli di alcuni della "vecchia guardia", primo fra tutto Alessandro Cavalli, che ha dato tanto senza mai chiedere niente indietro. Certo, le modalità con cui la questione è stata affrontata ci pare oggi velleitaria, perchè basata sulla malriposta speranza che nutrivamo su alcuni pezzi della "terza componente".
MORALE: concordo con Giuseppe Sciortino.
Allora, avviamo un confronto sui requisiti minimi, per fascia, e studiamo gli scenari che potranno realizzarsi se un gruppo di noi entrasse nelle commissioni di abilitazione. Vi assicuro che avremmo comunque la maggioranza contro (ufficialmente le componenti Persona e AIS3, ma anche diversi di quell'area che Statera chiamò MITO), ma in questo caso varrebbe la pena, se le operazioni di abilitazione venissero rese pubbliche e monitorate adeguatamente.
Buone vacanze ormai vicine e arrivederci a Bologna (se mi volete)

Antonio Chiesi (Università di Milano)

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